....Nel Cristo Dio fatto uomo , troviamo il sostegno per la nostra debolezza e le risorse per raggiungere la perfezione. L'umanità di Cristo ci rimette in piedi , la sua condiscendenza ci prende per mano , la sua divinità ci fa giungere alla méta....


S.Agostino

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mercoledì 20 marzo 2013

Irenismo e pauperismo , in una parola : post Concilio


Euforia irenista e post conciliare

Ho raccolto un po di commenti a dir poco “euforici” di molti uomini di Chiesa e di altre chiese , mi domando se questa isteria collettiva era nei programmi di Francesco , credo proprio di no.

 CARD. ROMEO (PALERMO), “SEGNO FORTE SULLA SEMPLICITÀ”
“Ha dimostrato subito di essere un uomo di Dio, ben strutturato e anche Pastore. Ma ciò che mi ha più impressionato è stata la sua immediatezza nel parlare alla gente”. Lo scrive in un messaggio l’arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo. “Nelle sue prime parole pronunciate dalla loggia di San Pietro - prosegue il porporato, che ha preso parte al Conclave - il Santo Padre ha voluto mettere un segno forte sulla semplicità, sulla sua vicinanza al popolo che è una caratteristica della Chiesa sudamericana. Ma - conclude - si è resa presente anche la sua forte spiritualità, con la richiesta della preghiera”. 


BERNARDINI (TAVOLA VALDESE), “UN RINNOVATO CAMMINO NELL’UNITÀ”
“Mi rivolgo a lei nei giorni in cui assume il ruolo di vescovo di Roma per rivolgerle il saluto della Chiesa valdese. Possa il Signore benedirla e illuminarla nel suo ministero di annuncio dell’Evangelo”. Lo scrive in un messaggio al Papa il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini. Ricordando che il nuovo Papa ha scelto il nome di Francesco, il moderatore Bernardini evidenzia che il poverello di Assisi fu coevo di Valdo di Lione e che i due condivisero “l’idea di una chiesa al servizio degli umili e degli esclusi, ispirata e rinnovata dalla Parola di Dio”. “Colpito dalle sue prime parole e dai gesti che ha compiuto all’inizio del suo ministero - prosegue Bernardini - non posso che sperare che nel suo ruolo ella saprà dare impulso a una nuova stagione ecumenica nutrita da quel radicamento evangelico e da quello spirito di servizio ai bisogni dell’umanità che furono di Francesco e di Valdo”. In questo senso “speriamo e preghiamo perché tutti gli uomini e le donne che condividono il segno del battesimo in Cristo - cattolici, protestanti e ortodossi - possano incontrarsi e riconoscersi in un rinnovato cammino nell’unità di tutti i cristiani affinché il mondo creda”. 

VESCOVI BELGIO, “DONERÀ RESPIRO ALLA CHIESA IN EUROPA”
Parlano di “emozione e gioia” nell’aver appreso la notizia dell’elezione del cardinale Bergoglio i vescovi del Belgio. In un messaggio si dicono “colpiti dalla personalità di Papa Francesco, che con risolutezza ha fatto la scelta di vivere vicino ai poveri, ispirandosi a Cristo e al Vangelo”. Con il nome di Francesco, il Papa fa riferimento al “grande riformatore della Chiesa” quale fu Francesco d’Assisi. “Vivendo la semplicità, ha operato molto nel dialogo con i musulmani”, “tutti elementi che sono importanti per la Chiesa di oggi”. I vescovi sperano che “la fede, la gioia e la lealtà dei cattolici dell’America latina siano anche per noi un’ispirazione che donerà respiro alla Chiesa in Europa”. E poi ancora: “Commossi dall’invito alla preghiera indirizzata dal Papa alla folla, la sera della sua elezione”, si impegnano con lui “sul nuovo cammino che la Chiesa percorrerà con lui come padre e pastore universale”. I vescovi invitano inoltre i credenti a ritrovarsi per un’eucarestia di ringraziamento per l’elezione del Papa martedì 19 marzo nella cattedrale dei Santi Michel et Gudule a Bruxelles, con i vescovi e i due nunzi presenti in Belgio

MONS. MONARI (BRESCIA), “CI FA SENTIRE UN’UNICA CHIESA”
“Credo che Papa Francesco ci possa aiutare a sentirci un’unica Chiesa diffusa su tutta la terra, ma con un unico riferimento che è il Signore”. Lo sostiene il vescovo di Brescia, monsignor Luciano Monari, in un servizio dello speciale che il settimanale diocesano, La Voce del Popolo, ha dedicato all’elezione del Papa. “Con l’elezione di Francesco si entra in un mondo veramente nuovo - argomenta monsignor Monari -, un mondo straordinariamente importante per la Chiesa cattolica perché l’America Latina è il continente dove la presenza dei cattolici ha un significato particolare”. Positiva anche la scelta del nome. “La scelta di chiamarsi Francesco - afferma il vescovo - sembra dire di un’immagine nuova che il Papa vuole dare”. La scelta rimanda a un’immagine di Chiesa con cui è bello confrontarsi. “San Francesco rappresenta quell’immagine di Chiesa sine glossa - osserva monsignor Monari - che prende il Vangelo così com’è e cerca di viverlo con dedizione totale al Signore, nella povertà e nella sequela. La figura del Santo di Assisi ha nella Chiesa cattolica un significato straordinario di legame personale a Gesù”. 


MONS. MASSERONI (VERCELLI), “IL CONTROPIEDE DELLO SPIRITO”
“Dalla delusione alla gioia, forse in un minuto”. È il sentimento che ha provato l’arcivescovo di Vercelli, monsignor Enrico Masseroni, come scrive sul numero in uscita del Corriere Eusebiano, al sentire che il nuovo Papa veniva dall’Argentina. “In questi giorni vigiliari del conclave - ammette - andavo pensando con simpatia ad un Papa italiano o europeo, per una ragione precisa: la Chiesa europea e, in particolare quella italiana, stanno vivendo l’ora della prova, in un contesto culturale gravemente secolarizzato”. Di qui l’idea che “questa Europa avrebbe bisogno, pensavo, di un Papa del nostro continente o addirittura italiano. Un Papa che conoscesse bene questa cultura per affrontare le sfide della nuova evangelizzazione”. E invece è arrivato un Papa argentino: Jorge Mario Bergoglio. “Delusione dentro di me - confessa -. Delusione come nell’ottobre del 1958: si aspettava un Papa straniero, poliglotta; ed invece si affacciò Papa Roncalli, un ‘buon parroco di campagna’, fu il primo commento; ed invece fu il profeta dei tempi nuovi”. Così, “dopo le prime parole di papa Francesco, la delusione si trasformò in gioia: ancora una volta ho sperimentato il ‘contropiede’ dello Spirito Santo; ancora una volta il Papa giusto per questo tempo”. 

FERRARIO (VALDESI), “SUSCITA VIVA SIMPATIA”
“Come tutti i cristiani partecipiamo nell’intercessione a questa fase importante della vita della chiesa di Roma”: queste le parole con cui il teologo valdese Fulvio Ferrario, coordinatore della Commissione ecumenica delle Chiese battiste, metodiste e valdesi, ha accolto l’elezione del nuovo Papa. “Certamente il saluto che Francesco ha rivolto alla città di Roma e al mondo suscita viva simpatia - ha proseguito il teologo -. Ritengo potrebbe essere onorato da commenti che mantengano la stessa sobrietà. Constato che una volta ancora così non è stato. Le analisi chilometriche e dettagliate che già abbiamo subito relativamente a questo o quel particolare sull’autopresentazione di Francesco sono a dir poco premature. Avremo tutto il tempo di dialogare con lui nelle forme che si mostreranno più feconde”.

MONS. GIUDICE (NOCERA), “COSTRUIRE LA CHIESA DEL CONCILIO”
“La comunità diocesana di Nocera Inferiore-Sarno ha accolto con entusiasmo e fede l’elezione del nuovo vescovo di Roma Francesco e in comunione s’impegna pregando a costruire la Chiesa del Concilio”. Questo il testo del telegramma inviato al papa Francesco, questa mattina, dal vescovo della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, monsignor Giuseppe Giudice. Per l’elezione del nuovo Pontefice, monsignor Giudice ha fatto preparare un manifesto che sarà affisso nelle parrocchie e nei comuni della diocesi su cui c’è scritto: “Per fede, sappiamo che ‘il Romano Pontefice, quale Successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine di fedeli’ (LG 23), e con fede sin d’ora lo accogliamo e, in comunione di preghiera, gli prestiamo la nostra sincera e fedele obbedienza, eco della parola del Maestro: Tu sei Pietro! (Mt 16,18). Con gioia, Giuseppe vescovo”.




ADISTA invece , non si sottrae al confronto con Papa Benedetto XVI (con non poco veleno)

Non va sottovalutata la potenziale portata della scelta di un papa latinoamericano, di un gesuita che ha scelto uno stile di vita semplice ed austero, quasi monacale. Così come, al di là delle intenzioni contingenti che hanno determinato questa scelta (cui potrebbe non essere estraneo anche la volontà di compiacere con poco sforzo e sicuro risultato le masse cattoliche) non va sottovalutata la scelta del nome di Francesco; la presentazione dallo stile dimesso e familiare fatta da José Mario Bergoglio dal balcone di piazza san Pietro, l’inchino di fronte alla folla venuta a salutarlo, prima di impartire la propria benedizione (senza però spingersi tanto in là da chiedere che fosse quel “popolo” a benedirlo; Bergoglio si è limitato infatti a chiedere ai fedeli di pregare affinché Dio facesse scendere sul papa la sua benedizione, prima che il papa impartisse la sua, Urbi et Orbi); la sottolineatura del suo essere semplicemente il «vescovo di Roma», piuttosto che «vicario di Gesù Cristo», o «Sommo pontefice della Chiesa universale». Così come non vanno sottovalutati i primi atti di papa Francesco: la rinuncia alla Mercedes, la scelta di pagare l’albergo dove aveva soggiornato prima del Conclave, la decisione di non incontrare il card. Bernard Law (il prelato accusato di aver coperto molti preti pedofili quando era arcivescovo di Boston) durante la sua visita alla Basilica di S. Maria Maggiore. Il rischio, altrimenti, sarebbe quello di essere percepiti come quelli che colgono sempre gli aspetti negativi, i bastian contrari per definizione, gli scettici di qualsiasi riforma, i critici di qualsiasi scelta. 
E però, proprio per l’unanime e dirompente coro di ovazioni che si è levato all’elezione al soglio pontificio di Bergoglio, il dovere di una informazione che non si conforma all’onda emotiva – più comprensibile peraltro all’interno del mondo cattolico, che tra i commentatori, gli osservatori, i maître à penser della stampa laica o progressista – ma che cerca di entrare nelle pieghe, nelle contraddizioni, negli aspetti meno visibili (e spesso quindi più rilevanti) degli eventi, dei fatti di cronaca, delle vicende ecclesiali, è ancora più cogente.
Anche perché il rischio opposto, quello di amplificare la portata innovatrice della scelta di un pontefice, delle sue prime parole, degli aspetti simbolici della sua presentazione ai fedeli riuniti in piazza San Pietro, può condurre a fraintendimenti ancora più gravidi di conseguenze negative rispetto alla semplice accusa di settarismo. Successe ad esempio – anche nella sinistra ecclesiale – ai tanti che sottolinearono come dirompente la scelta di Joseph Ratzinger da parte del Conclave riunito nel 2005. «Questo papa vi sorprenderà», profetizzarono in molti. Ma in molti, mese dopo mese, atto dopo atto, nomina dopo nomina, dovettero ricredersi di fronte ad un pontificato che non realizzò nulla di quanto promesso (primo fra tutti la riforma della Curia e la lotta al carrierismo); e che anzi restaurò gran parte di un passato che si credeva archiviato per sempre dalla storia; dovendo poi peraltro battere in ritirata di fronte agli scandali al cospetto dei quali non si aveva avuto la forza o la possibilità di agire.





Anche Don Farinella su MICROMEGA , non si sottrae all'entusiasmo e a quella punta di veleno verso Joseph Ratzinger :



 ...come può Francesco abitare in mezzo al lusso Vaticano? Può il papa essere «personalmente» povero, ma apparire «istituzionalmente» potente e ricco? Non licet!  Ora non ci resta che aspettare. Intanto colpiscono alcune cose, che ai profani non saltano agli occhi perché non addentro alla simbologia e al rituale. Facciamo un po’ di esegesi di scavo:

1.      Francesco si è presentato «nudo» con la semplice veste bianca, senza mozzetta rossa e senza stola, i simboli del «papa» e del capo di Stato Vaticano. La stola era piegata e portata dal cerimoniere, quasi a stabilire le priorità: prima la persona, poi il vescovo, poi il papa, poi il capo di Stato.

2.      L’immagine plastica dello «smarrito» cerimoniere, Guido Marini, genovese, tutto bardato di rossiccio, con un sorriso di circostanza, che guardava il papa con terrore, era la foto del cambiamento. Marini è stato l’artefice, anzi il complice di Ratzinger per riportare la Chiesa nel passato. Nel suo volto c’era lo smarrimento degli sconfitti tradizionalisti. Un buon inizio.

3.      Il biglietto da visita di Francesco è stato un laicissimo «Buona sera!», rivolto ai «fratelli e sorelle».

4.      Si è presentato non «al mondo», ma alla diocesi di Roma: «sono il vescovo di Roma». Ottimo!

5.      Scandalizzando il cerimoniere che era fuori luogo e fuori posto, ha chiesto la benedizione al suo popolo, prima di dare la sua. Mai era avvenuto una cosa del genere.

6.      Dopo 35 anni, per la prima volta, è risuonato in San Pietro, sulla bocca di un papa, il termine  «popolo» che era stato espunto dai documenti ufficiali di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

7.      La croce che ha al collo è di ferro e non d’oro. «Signa temporum!».

8.      Anche al mattino del 14 marzo è andato a S. M. Maggiore senza abiti pontificali, ma da semplice prete, vescovo, col solo abito bianco. Come se volesse dire: farò il vescovo e il resto verrà da sé.

9.      Il suo passato, lascia ben sperare: a Buenos Aires, viveva in un appartamento e andava a farsi la spesa da solo e la sera si preparava da mangiare da sé. Viaggiava in metro e non aveva la macchina. Piccole cose, certo, ma sono una rivoluzione all’interno di un sistema di peccato come il Vaticano che ormai era la centrale di Satana e la fornace degli scandali di ogni ordine  e grado.

10.  Infine, un papa latinoamericano, è una svolta nella storia della Chiesa: finisce la Chiesa italiana, eurocentrica e comincia la Chiesa universale, la Chiesa della periferia, la Chiesa dei poveri, nella speranza che inizi anche l’era di una Chiesa povera.

Il papato di Ratzinger è stato solo una parentesi quadra che ha fatto perdere otto anni di tempo. Ora, in attesa che lo facciano fuori, speriamo che abbia la forza di fare piazza pulita, cominciando a dare un segno, chiamando in Vaticano, magari facendolo segretario di Stato, mons. Carlo Maria Viganò, quello che Bertone ha esiliato negli Usa perché aveva scoperto la corruzione con nome e cognome dei quaranta ladroni bertoniani  & C. La primavera comincia con il primo fiore. Sperare è possibile! Rileggere «Habemus papam» è ancora più emozionante e terrificante.







Dulcis in fundo , anche la CEI , è tornata "post conciliare" e con un messaggio del consiglio permanente , chiede a gran voce la collegialità.

«Oggi, una volta di più, la Provvidenza ci ha fatto toccare con mano cos'è la Chiesa, comunione che plasma innanzitutto noi Vescovi attorno al Successore di Pietro per una collegialità affettiva ed effettiva, avvalorata da piena e aperta adesione al Suo insegnamento e da fattiva e costante collaborazione»