....Nel Cristo Dio fatto uomo , troviamo il sostegno per la nostra debolezza e le risorse per raggiungere la perfezione. L'umanità di Cristo ci rimette in piedi , la sua condiscendenza ci prende per mano , la sua divinità ci fa giungere alla méta....


S.Agostino

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lunedì 29 luglio 2013

Mons.Francesco Moraglia sulla laicità

 Dall'omelia della festa del "Santissimo Redentore" QUI testo integrale


Una sana laicità -vedremo in che senso -è fondamentale sia per il cittadino sia per il
cristiano; essa, infatti, è legata alla struttura stessa della persona di cui l’umano e il creaturale sono
dimensioni imprescindibili.

In altri termini, la persona -nella sua realtà antropologico-creaturale -viene temporalmente
e ontologicamente prima dello Stato (quindi del cittadino) e dell’adesione a qualsiasi religione
(quindi del credente).


In tal modo la festa del Redentore -nella sua acuita problematicità, ovvero il religioso che
entra nel tessuto socio-culturale sempre più secolarizzato della civis -domanda di considerare, in
modo più ampio, il rapporto fra sfera sacra o religiosa e profana o secolare.

Riflettiamo, quindi, sulla laicità che sta sullo sfondo di quanto detto finora a proposito del
rapporto sacro/profano, religioso/secolare.

La laicità -per il cittadino e il credente -è realtà fondamentale. Ricordiamo, per esempio,
che per la Chiesa la fede -ossia, il “sì” detto a Gesù Cristo -deve essere scelta libera e responsabile.

Non dimentichiamo poi che la sfera sacrale/religiosa o profana/secolare -prima di
riguardare ambiti distinti della convivenza sociale e civile e, quindi, prima d’essere esteriore
all’uomo -riguarda ambiti distinti “all’interno” dell’uomo, che appartengono all’uomo e lo
costituiscono tale.

La risposta di Gesù, a coloro che domandavano se era lecito o no pagare il tributo a Cesare,
indica un percorso sempre valido al di là di situazioni contingenti o singole epoche. Gesù pone una
distinzione che è -ad un tempo -fondante e fondamentale; infatti, Dio e Cesare, nei loro ambiti
specifici, sono interlocutori imprescindibili per l’uomo di ogni epoca.

Si tratta -lo abbiamo detto -di una distinzione fondamentale e fondante perché, fino ad
allora, né lo Stato ebraico, con la sua teocrazia, né l’impero romano, con il culto a Cesare, erano
pervenuti alla vera laicità, quella che Gesù indica.

La distinzione è fondamentale e fondante, poiché in essa c’è la vera novità da cui deriva la
forma moderna dello Stato, ossia la possibilità d’essere sia leali sudditi del “re”, pur essendo uomini
di fede, sia veri credenti ed insieme autentici cittadini impegnati a lavorare per il bene della civis.

Cito qui la figura luminosa e oggi attualissima -per l’obiezione di coscienza -di Tommaso
Moro, primo ministro del Re che muore per difendere la sua libertà di credente. Tommaso Moro è
stato canonizzato dalla Chiesa cattolica nel 1935 e dal 1980 il suo nome è inserito anche nel
martirologio anglicano. È universalmente riconosciuto come simbolo di integrità ed eroico
testimone del primato della coscienza al di là dei confini nazionali e delle confessioni religiose. Le
sue ultime parole furono: «Muoio come buon servo del Re, ma anzitutto come servo di Dio». Un
grande ideale per tutti coloro che dedicano la propria vita al servizio del bene comune (cfr. Atti del
Giubileo dei Governanti e dei Parlamentari / anno 2000).

Ritorniamo alle parole di Gesù: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio
quello che è di Dio” (Mt 22,21).

Si tratta di riflettere, in modo compiuto, sulla laicità considerata snodo essenziale sia nella
vita del credente sia del cittadino.

Credente e cittadino devono guardarsi dai differenti “confessionalismi”: religioso, scientista,
laicista. Molte, infatti, sono le forme di confessionalismo: quello religioso, quello tecno-scientifico,
infine, quello ideologico politico-partitico o culturale.

Oltre la forma di confessionalismo religioso si danno anche quelli tecnico-scientifico e
ideologico politico-culturale che, a loro volta, sono opprimenti e pervasivi per la libertà di coscienza
dei credenti e dei cittadini. La storia, in proposito, fornisce un amplissimo campionario che si
dispiega lungo le differenti epoche.

Il tema della laicità -e non da oggi -è occasione di incomprensioni sia a livello culturale sia
politico. E i molteplici significati che, di volta in volta, vengono attribuiti al termine “laico” e
“laicità” dicono quanto sia necessario far chiarezza anche a livello di significato poiché il termine,
attualmente, risulta in sé equivoco e ognuno finisce per intenderlo in modi diversi; il discorso
meriterebbe d’esser approfondito secondo tale ampia logica ma stiamo, invece, su una prospettiva
più ristretta, quella che riguarda il nostro ordinamento giuridico.

Nel nostro ordinamento giuridico -è bene ricordarlo -il termine “laicità” non compare nella
legislazione ordinaria, né risulta utilizzato dalla Costituzione per qualificare l’atteggiamento dello
Stato in materia religiosa; piuttosto, il principio di laicità è legato alla giurisprudenza della Corte
Costituzionale.

E’ la Corte Costituzionale che, in una famosa sentenza della fine degli anni Ottanta (la n.
203 del 1989), qualifica il principio di laicità come “principio supremo dell’ordinamento
costituzionale” e come “uno dei profili della forma di Stato delineato dalla Costituzione”.

E’, questo, un principio di laicità inteso in senso “aperto” e “positivo”, che non indica o
suggerisce l’indifferenza o, addirittura, l’ostilità dello Stato dinanzi alla religione (o alle religioni)
ma piuttosto il compito di garanzia che spetta allo Stato per la salvaguardia della libertà di religione,
in un contesto ormai accentuato di pluralismo confessionale e culturale.

Lo Stato, insomma, non può essere indifferente o neutrale di fronte alla religione e qui non è
in ballo solo la religione cattolica; lo Stato deve garantire la tutela della libertà religiosa come diritto
fondamentale e inalienabile della persona, un diritto valido per tutti.

Una sana laicità, allora, è in grado di riconoscere, di rispettare e di valorizzare tanto la sfera
sacrale/religiosa quanto quella profana/secolare nell’interesse del cittadino, di ogni cittadino e di
tutti i cittadini.

Una vera laicità comporta, quindi, il riconoscimento delle molteplici dimensioni dell’uomo
che -come ricorda la Lettera ai Tessalonicesi -è spirito, anima e corpo (cfr. 1Ts 5,23). E, quindi,
l’uomo è immanenza e trascendenza, relazionalità verticale (o teologica) e orizzontale (o
antropologica) e, ancora, interiorità e esteriorità.

L’uomo è l’insieme di tutte queste dimensioni; tra esse, vi è anche quella religiosa che va
vissuta in modo “pienamente umano”, come ogni altra dimensione della persona. Appare, così, tutta
l’incongruenza di chi, invece, vorrebbe rinchiudere la fede (la religione) nel recinto interiore della
coscienza personale.