....Nel Cristo Dio fatto uomo , troviamo il sostegno per la nostra debolezza e le risorse per raggiungere la perfezione. L'umanità di Cristo ci rimette in piedi , la sua condiscendenza ci prende per mano , la sua divinità ci fa giungere alla méta....


S.Agostino

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martedì 23 ottobre 2012

Regole di un certo cattolicesimo "Post conciliare"

Ogni tanto capita, con la stessa ripetitività delle
stagioni. Una personalità del mondo cattolico
rilascia un’intervista nella quale prende le distanze
dall’insegnamento della Chiesa. A questo punto i
giornali - giustamente - rilanciano con grande fragore
la notizia, gli intellettuali discutono, il mondo cattolico
ufficiale soffre in silenzio per non alimentare scandali.
E il popolo dei fedeli rimane disorientato, stordito.
Come un gregge nel quale qualche pecora si mettesse
a contestare l’affidabilità del pastore.
In realtà, questi episodi hanno alcuni elementi fra
loro comuni, che permettono
di smascherarli per quello che
sono: l’espressione dell’antica
e mai sopita ambizione
dell’uomo di essere norma
a sé stesso. L’adesione alla
Chiesa è un atto insieme di
libertà e di sottomissione: fede
e ragione si sostengono, ma
l’atteggiamento richiesto al
cuore dell’uomo è innanzitutto
l’umiltà. Dio, e non l’uomo, è
l’artefice della Creazione. E
dunque, Dio e non l’uomo è il
Legislatore. Dunque, la verità è stata affidata da Cristo
alla Chiesa. Spetta al Papa custodirla, in conformità alla
Tradizione e in comunione con i vescovi. I teologi, gli
intellettuali, i sinodi, i convegni ecclesiali, e perfino i
singoli vescovi sono voci senza dubbio interessanti;
ma non sono il Magistero della Chiesa.
Ora, basta rileggere alcuni esempi di queste “voci
fuori dal coro” del Magistero, per riconoscere che esse
mettono a repentaglio la salvezza stessa delle anime.
Ricordiamo che, per l’uomo, il rischio più grande
è fare “naufragio nella fede”, e perdere così la vita
eterna, come San Paolo ricorda con toni accorati a
Timoteo. Ecco una sintesi dei principali errori che si
ritrovano in queste sortite, compiute da cattolici in
stato confusionale.
1) L’ importante è solo dialogare: meglio evitare
divisioni che dire la verità. Il cattolico solo
“dialogante” ritiene che affermare delle verità
oggettive, insegnate dalla Chiesa e confermate dalla
ragione umana, sia un atto di prevaricazione, frutto di preconcetti e di posizioni pregiudiziali. La Chiesa
deve scendere dalla sua scomoda cattedra, per lasciare
il suo posto ai non credenti, che assumono il compito
di insegnare la (loro) verità ai cattolici, che brancolano
nel buio. Questo tipo umano sogna un Papa che si
affacci dalla sua finestra solo per benedire e salutare
in molte lingue.
Ma che sia muto ogni volta che ci sia di affermare
verità scomode e impopolari sulla dottrina della fede
e della morale. L’importante è evitare affermazioni
apodittiche. E siccome i dieci comandamenti sono
quanto di più apodittico si
possa immaginare, ecco che
si propone di ritirare dal
mercato il decalogo, almeno
nelle sue prescrizioni più
contestate.
2) La verità forse esiste, ma
l’uomo non può conoscerla.
Per questo “cattolico”, la
Chiesa non può dirimere
sempre ogni controversia
morale, perché esistono delle
“zone grigie”, delle aree
nebbiose dove la verità non si
distingue, e dove la cosa migliore è aprire un dibattito.
Quali sono queste zone grigie? Quelle nelle quali
si manifesta una diversità di opinioni nella società.
Dunque, in una società pluralista e relativista, tutta
la vita morale può diventare una sconfinata “zona
grigia”, riducendo l’autorità della Chiesa al silenzio
praticamente su tutto. Saranno da evitare in particolare
pronunciamenti su divorzio, aborto, fecondazione
artificiale, eutanasia. La verità è un prodotto solo del
dialogo. Per questo genere di cattolici, la verità non
preesiste alla discussione. Non è una realtà che c’è, e
che l’uomo ha il compito di scoprire con l’aiuto della
Chiesa. No: la verità si rinnova continuamente, grazie
alla dialettica: le “parti” esprimono rispettosamente
delle posizioni, e così si raggiunge un punto di
mediazioni (provvisorio) che costituisce la verità
accettabile da tutti in quel momento. Se, ad esempio,
uno dice che l’aborto è lecito, e un altro dice che non
è lecito, la verità prodotta sarà che l’aborto è un pò
lecito: si può fare in certi casi. 3) Anche se sei ignorante, dialoga lo stesso. Per
discutere, è buona regola sapere ciò di cui si parla.
Ma la foga di dialogare è così forte, in alcuni cattolici,
che si va al confronto senza essere preparati. Il tuo
interlocutore dice, ad esempio, che l’ootide non è
un essere umano? Prendi subito per buona questa
solenne corbelleria. Mentre dovresti sapere che dal
primo momento della fecondazione in poi il nuovo
organismo vivente (anche con due pronuclei, cioè
allo stadio di ootide) è caratterizzato da uno sviluppo
coordinato, continuo e graduale, che permette di
qualificarlo appunto come individuo (umano) e
come vivo (A. Serra e R. Colombo, Identità e statuto
dell’embrione umano: il contributo della biologia
in Pontificia Accademia Pro Vita, Identità e statuto
dell’embrione umano, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 1998). All’ignoranza scientifica si
accompagna talvolta un’imbarazzante impreparazione
morale: potrà così accadere che si giustifichi l’aborto
facendo leva sul principio della legittima difesa; tesi
assurda, che implicherebbe attribuire al concepito il
ruolo di “ingiusto aggressore”!
4) Bisogna inventare un “cattolicesimo sostenibile”.
Il cattolicesimo oggi è diventato impresentabile di
fronte alla modernità: bisogna aggiornarne gli elementi
più scomodi per renderlo sostenibile, un pò come
affermano gli ambientalisti di fronte allo sviluppo. La
prima regola per questo lifting è astenersi dal giudicare
frettolosamente: meglio discutere serenamente per non
creare inutili divisioni, e far derivare le regole da ciò
che i più pensano e fanno. La sociologia sostituisce
la riflessione morale e soppianta la legge naturale. La
prassi genera la norma. Per cui, se la gente chiede la
fecondazione artificiale, noi gliela dobbiamo dare.
5) Il male non si combatte: si regolamenta. Secondo
questo falso cattolicesimo, si può anche riconoscere
che una certa condotta sia cattiva. Ma - in base al
principio assoluto che si deve solo dialogare con
tutti - bisogna in un certo senso dialogare anche con
il male. E scendere a patti con esso. Quindi, le leggi
dello Stato non vieteranno l’aborto. Se lo facessero,
si creerebbero inutili divisioni. Meglio regolamentare
il fenomeno. Così, il male non consiste più nell’atto
dell’uccidere il concepito. Il male è solo l’aborto
clandestino (che minaccia la vita delle donne)
mentre l’aborto legale diventa “buono”, perché
fatto secondo le norme dello Stato. Verranno uccisi
molti innocenti, è vero; ma sarà salva la pace sociale
e il dialogo permanente con tutti i sopravvissuti.
6) Chi compie il male va capito e giustificato. La
Chiesa insegna una dottrina esigente e offre insieme
un perdono senza limiti da parte di Dio. Invece, per il
cattolico del dissenso (dal Papa) il perdono sostituisce
la dottrina. Siccome chi commette un male può agire in
circostanze molto difficili, allora occorre sospendere il
giudizio sulla sua condotta, ed evitare ogni condanna.
Questo approccio non ha solo valenze morali -
potremmo dire “da confessionale” - ma pretende di
avere conseguenze giuridiche e politiche. Esempio:
una donna abortisce. Peccato, ma poiché ha vissuto
un dramma, come può la società prevedere una pena,
anche lieve, per la sua condotta? E ancora: un uomo
elimina con l’eutanasia sua moglie. Non è bello. Però,
vista la sua sofferenza, quale giudice potrà dichiararlo
colpevole? Questo criterio potrà essere applicato ad
altre infinite “zone grigie”: un uomo scopre che la
moglie lo tradisce, e la uccide. Ma in quest’ultimo
caso, il cattolico politicamente corretto si dichiarerà
inflessibile e per nulla comprensivo, nonostante le
“terribili circostanze” in cui il delitto è avvenuto.
Come si vede, quello che alla fine ci resta in mano
è soltanto un pallido ricordo del cattolicesimo. Un
corpo freddo e morto, che ha perso per strada l’amore
per la Verità e la certezza della presenza viva e reale
di Cristo in mezzo alla Chiesa. Un cattolicesimo
senza croce e senza testimonianza, in fuga di fronte al
martirio quotidiano dell’incomprensione del mondo.
Non rimane che aiutare questi fratelli con l’apostolato
della verità. E pregare per loro, perché grande è il
pericolo che rappresentano per la salvezza di molte
anime. A cominciare dalla loro.
Mario Palmaro
http://www.iltimone.org N. 54, giugno 2006