La mia conoscenza personale di don Luigi Giussani risale al periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, ma sapevo già da tempo chi era, soprattutto per l’impressione positiva suscitata in me dal sapere che, in modo particolare a Milano, nelle università finalmente qualcuno aveva reagito a un certo clima ideologico. Avevamo allora la sensazione di una Milano fortemente contestativa e con espressioni politiche di infimo livello. C’era molta paura per l’attività delle Brigate rosse, le gambizzazioni e gli omicidi, ma anche a destra c’erano dei fermenti inquietanti. Nelle istituzioni c’era l’illusione che il metodo democratico, cui noi eravamo legati e dal quale non volevamo assolutamente uscire, in definitiva potesse combattere da sé stesso il comunismo, ma, forse, in quel momento non bastava più, e quando i violenti pensarono di poter dominare, cominciò da don Giussani e da quelli che lo seguivano la riscossa. In realtà quella di Giussani fu una specie di svolta, di “inversione a U”: non più l’acquiescenza all’ideologia dominante ma neanche la reazione opposta, ovvero l’opposizione viscerale al comunismo...............
SEGUE ARTICOLO
SEGUE ARTICOLO