Joseph Ratzinger scriveva (La fraternità cristiana) nel 1960 :Il cristiano deve riconoscere che esistono luoghi nei quali getterebbe via la sua parola , se ivi la dicesse. Su Questo bisognerà riflettere nel caso della propaganda ecclesiastica verso l'esterno , come ad esempio nel caso della trasmissione delle cose sante attraverso la radio e la televisione. Non colui che sperpera la parola la diffonde nel modo migliore , ma colui che l'annuncia!...
Il futuro Papa aveva previsto benissimo il rischio di una incapacità dei media ad accogliere la Parola e il Magistero , Ratzinger aveva intuito come questo potesse dar luogo ad una costante incomprensione tra media e Chiesa Cattolica : di ciò si è parlato in un convegno con illustri ospiti , ecco a seguire il testo dell'Osservatore Romano.
............ È una crisi senza precedenti dell’autorità del Papa, a cui sono collegate perfino voci di dimissioni».
La tempesta coinvolge la Chiesa sia all’interno, sia nel rapporto con la società. Tra le prime reazioni, le parole più frequenti sono stupore, costernazione e delusione. A «Le Monde» («concorde o costernato, lo stupore domina in Vaticano»), fa eco «Die Zeit»: «pillola amara». E intanto una delle vignette della «Frankfurter Allgemeine Zeitung» collega la condanna di Galileo a quella della pillola: due errori gravidi di conseguenze causati dal rifiuto per il progresso scientifico. Una pubblicazione inglese scrive addirittura che l’Humanae vitae è il Vietnam di Paolo VI. «Roma sembra avere perduto, in un solo momento, ciò che aveva messo secoli a costruire»: questo il lapidario commento di Yves Congar.
Eppure — ha proseguito Lucetta Scaraffia — un quarantennio più tardi «ci si può legittimamente domandare se Paolo VI non abbia invece salvato la dottrina della Chiesa, rimasta una possibile ancora di salvezza a cui attingere valori e cultura nel momento del fallimento della rivoluzione sessuale, l’unico tabù indiscusso della cultura occidentale, talmente forte che non si vogliono neppure capire le ragioni contrarie. Forse solo oggi, che quella rivoluzione sta rivelando in pieno il suo fallimento, siamo finalmente disposti a capire meglio anche le ragioni dell’Humanae vitae, che quel fallimento aveva previsto». L’enciclica, del resto, con il ricorso alla legge naturale, ha anche costituito un modello decisivo per i rapporti tra progresso scientifico e morale cattolica cui ricorrere per affrontare i problemi bioetici che sono sorti successivamente.
«Oggi, insomma, lo sguardo di tutti i commentatori del tempo risulta fatalmente troppo ravvicinato, mentre quello di Paolo VI appare profetico». E allo storico Étienne Fouilloux che, vent’anni dopo, si domandava «si può ridurre la crisi nata dall’enciclica a un malinteso?», Scaraffia risponde «malinteso c’è stato, fu la volontà di non capire e di ridurre tutte le questioni, molto più ampie, alla situazione storica contingente».
Il clima di sfavore mediatico prosegue nei mesi successivi alla morte di Montini, e anche dopo il 16 ottobre 1978. Sembra impossibile, ma — come ha esordito Andrea Riccardi — «Giovanni Paolo II è stato anche un Papa impopolare». Dapprincipio, infatti, è il meccanismo che si ripete quasi ogni volta. Nel gioco delle contrapposizioni, il precedente Pontefice viene rivalutato rispetto al neo eletto: «A Paolo VI Papa della complessità e della mediazione, si contrappone il granitico Pontefice polacco arroccato su modelli clericali e preconciliari». Basti il titolo di un pezzo di Eugenio Scalfari: «Non Giovanni Paolo II, ma Pio XIII». Era il 1979.
Già colpevole per le posizioni in tema di aborto, la posizione di Giovanni Paolo II si aggrava con il binomio condom-Aids (Riccardi ha ricordato un documentario della Bbc che lo accusava sommariamente di essere il responsabile della diffusione della pandemia). Il vaticanista del «País», Juan Arias, lo definirà un personaggio paradossale «con un approccio passionale alla realtà che genera passionalità», spiegando la sua ostilità per la teologia della liberazione con il timore di una «sovversione dei poveri»...................
QUI TESTO INTERO
Il futuro Papa aveva previsto benissimo il rischio di una incapacità dei media ad accogliere la Parola e il Magistero , Ratzinger aveva intuito come questo potesse dar luogo ad una costante incomprensione tra media e Chiesa Cattolica : di ciò si è parlato in un convegno con illustri ospiti , ecco a seguire il testo dell'Osservatore Romano.
............ È una crisi senza precedenti dell’autorità del Papa, a cui sono collegate perfino voci di dimissioni».
La tempesta coinvolge la Chiesa sia all’interno, sia nel rapporto con la società. Tra le prime reazioni, le parole più frequenti sono stupore, costernazione e delusione. A «Le Monde» («concorde o costernato, lo stupore domina in Vaticano»), fa eco «Die Zeit»: «pillola amara». E intanto una delle vignette della «Frankfurter Allgemeine Zeitung» collega la condanna di Galileo a quella della pillola: due errori gravidi di conseguenze causati dal rifiuto per il progresso scientifico. Una pubblicazione inglese scrive addirittura che l’Humanae vitae è il Vietnam di Paolo VI. «Roma sembra avere perduto, in un solo momento, ciò che aveva messo secoli a costruire»: questo il lapidario commento di Yves Congar.
Eppure — ha proseguito Lucetta Scaraffia — un quarantennio più tardi «ci si può legittimamente domandare se Paolo VI non abbia invece salvato la dottrina della Chiesa, rimasta una possibile ancora di salvezza a cui attingere valori e cultura nel momento del fallimento della rivoluzione sessuale, l’unico tabù indiscusso della cultura occidentale, talmente forte che non si vogliono neppure capire le ragioni contrarie. Forse solo oggi, che quella rivoluzione sta rivelando in pieno il suo fallimento, siamo finalmente disposti a capire meglio anche le ragioni dell’Humanae vitae, che quel fallimento aveva previsto». L’enciclica, del resto, con il ricorso alla legge naturale, ha anche costituito un modello decisivo per i rapporti tra progresso scientifico e morale cattolica cui ricorrere per affrontare i problemi bioetici che sono sorti successivamente.
«Oggi, insomma, lo sguardo di tutti i commentatori del tempo risulta fatalmente troppo ravvicinato, mentre quello di Paolo VI appare profetico». E allo storico Étienne Fouilloux che, vent’anni dopo, si domandava «si può ridurre la crisi nata dall’enciclica a un malinteso?», Scaraffia risponde «malinteso c’è stato, fu la volontà di non capire e di ridurre tutte le questioni, molto più ampie, alla situazione storica contingente».
Il clima di sfavore mediatico prosegue nei mesi successivi alla morte di Montini, e anche dopo il 16 ottobre 1978. Sembra impossibile, ma — come ha esordito Andrea Riccardi — «Giovanni Paolo II è stato anche un Papa impopolare». Dapprincipio, infatti, è il meccanismo che si ripete quasi ogni volta. Nel gioco delle contrapposizioni, il precedente Pontefice viene rivalutato rispetto al neo eletto: «A Paolo VI Papa della complessità e della mediazione, si contrappone il granitico Pontefice polacco arroccato su modelli clericali e preconciliari». Basti il titolo di un pezzo di Eugenio Scalfari: «Non Giovanni Paolo II, ma Pio XIII». Era il 1979.
Già colpevole per le posizioni in tema di aborto, la posizione di Giovanni Paolo II si aggrava con il binomio condom-Aids (Riccardi ha ricordato un documentario della Bbc che lo accusava sommariamente di essere il responsabile della diffusione della pandemia). Il vaticanista del «País», Juan Arias, lo definirà un personaggio paradossale «con un approccio passionale alla realtà che genera passionalità», spiegando la sua ostilità per la teologia della liberazione con il timore di una «sovversione dei poveri»...................
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