Nel secolo III, Papa Fabiano (236-250) organizzò meglio il lavoro dei 7 diaconi, creando 14 regioni a Roma ed affidando a ciascuno dei diaconi due regioni. Crescendo il numero dei cristiani, furono assegnati altri preti e diaconi come ausiliari al principale titolare delle chiese o diaconie. In realtà, per il servizio della Chiesa di Roma non bastavano i diaconi e così Papa Cleto (80-92) aveva anche fissato in 25 il numero di preti per il servizio della città, con un territorio affidato a ciascuno di loro e, in questo modo, sorsero le parrocchie.
Nel pontificato di Gregorio I (590-604) vennero raddoppiati il numero di regioni e quello dei diaconi che saranno 14. Sotto il pontificato di Gregorio II (715-731) furono aggiunti quattro nuovi diaconi detti palatini per servire la basilica del Laterano e così i diaconi diventarono 18. Il loro incarico consisteva nell’aiutare il Papa nella Messa per turno nei giorni della settimana. Nella seconda metà del sec. XI, col riordinamento del Collegio cardinalizio, le chiese delle diaconie cominciano ad essere assegnate in titolo a 18 cardinali, che perciò si chiamarono cardinali diaconi, firmandosi come tali in aggiunta al titolo della chiesa rispettiva.
Si può dire che questi preti e diaconi principali dovevano aiutare il Papa nelle basiliche romane dove erano incardinati e si cominciò a qualificarli come “cardinali”. Vengono chiamati da questo momento “preti o diaconi cardinali”, cioè “incardinati”. a questo punto troviamo il presbiterio romano, consiglieri e cooperatori del Papa, Vescovo di Roma, che dal 1150 formarono il Collegio Cardinalizio con un Decano, che è il Vescovo di Ostia, e un Camerlengo quale amministratore dei beni
Vediamo così che dai primi tempi per l’amministrazione della città di Roma e per il servizio liturgico del Papa si trovano i Cardinali diaconi. E così rimarrà lungo i secoli. Sarà nel sec. XI, con la riforma ecclesiastica di Leone X, quando i cardinali cominciarono ad essere meno legati al servizio liturgico e pastorale di Roma, per diventare coadiutori diretti del Papa nel servizio della Chiesa universale.
La notizia della concessione di papa Silvestro è confermata dall’autore romano delle Quaestionum Vet. et novi Testamenti (circa a. 370), il quale, non senza una punta d’ironia scrive: Hodie diaconi dalmaticis induuntur sicut episcopi (n. 46). Ciò prova che la Chiesa romana riteneva l’uso della dalmatica come un privilegio suo proprio, e che soltanto il Papa potesse conferirla. Questo costume romano ancora nel sec. X, si afferma nell’OR XXXV (n. 26), la cui rubrica mantiene la prerogativa della Dalmatica ai diaconi cardinali, cioè ai sette diaconi regionari, che la ricevevano nella loro Ordinazione, mentre i diaconi forenses ne erano esclusi.
Con lo stabilirsi della liturgia romana in Gallia al tempo dei Carolingi, la dalmatica diventa abbastanza comune sebbene Roma sempre vi si oppose. Probabilmente a partire del secolo XI la dalmatica diventerà la vera e propria veste liturgica superiore dei diaconi mentre vescovi e presbiteri la indosseranno sotto la pianeta.
Da quanto abbiamo brevemente accennato si può desumere che quando i cardinali diaconi si rivestono con la dalmatica per servire il sommo Pontefice nelle celebrazioni liturgiche ci troviamo davanti a un uso tipicamente romano in stretta relazione con la storia dei papi e della loro liturgia.
I Cardinali diaconi adoperano la dalmatica quando servono il Pontefice, sia nella santa Messa o in altre celebrazioni liturgiche, ma non quando concelebrano con lui. In questo secondo caso adoperano la veste propria del sacerdote celebrante che è la casula o pianeta. Adoperare la dalmatica quando servono il pontefice serve in realtà a manifestare esteriormente la loro funzione di “ministri” del Pontefice. Senza dimenticare che, come ci ha mostrato la storia, la verità del segno “dalmatica”, non suppone necessariamente che soltanto i diaconi possono adoperarla.
D’altra parte i Vescovi la rivestono nelle grandi solennità, sotto la casula, e anche come veste superiore nell’unzione dell’altare o nella lavanda dei piedi. In quest’ultimo caso, come riporta il Caeremoniale Episcoporum, 301, il vescovo si toglie mitra e casula ma non la dalmatica. Si vuole mettere in risalto non tanto la pienezza del sacerdozio come il carattere di servizio del ministero episcopale. Nel caso dei cardinali diaconi rivestiti con la dalmatica si vuole sottolineare il suo carattere di servitori, collaboratori stretti del Romano Pontefice anche nella liturgia. La dalmatica è segno di servizio, dedicazione al Vescovo e agli altri. Ma anche quando il Vescovo adopera la dalmatica lo fa per servire: sia nella lavanda dei piedi, sia nel speciale servizio liturgico che svolgono i vescovi –cardinali diaconi- vicino al Romano Pontefice.