....Nel Cristo Dio fatto uomo , troviamo il sostegno per la nostra debolezza e le risorse per raggiungere la perfezione. L'umanità di Cristo ci rimette in piedi , la sua condiscendenza ci prende per mano , la sua divinità ci fa giungere alla méta....


S.Agostino

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martedì 9 luglio 2013

Mons. Crepaldi , Il dono del sacerdozio cattolico

IL DONO DEL SACERDOZIO CATTOLICO

Introduzione

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,
1. A conclusione dell’Anno che, per volontà di Benedetto XVI, la Chiesa Cattolica ha dedicato al
Sacerdozio ministeriale, desidero offrirvi alcune riflessioni su questo prezioso dono che Cristo ha fatto alla Chiesa e al mondo. Senza il ministero ordinato non avremmo l’Eucaristia e senza questa non potrebbe esserci la Chiesa, Corpo mistico di Cristo e nuovo Popolo di Dio, segno di salvezza e lievito di speranza.
L’icona che Benedetto XVI ci ha offerto per comprendere l’identità, la spiritualità e la missione del
Presbitero per l’inizio del terzo millennio è la figura e l’opera del Santo Curato d’Ars, un prete di campagna vissuto nel travagliato periodo post- rivoluzionario francese che dedicò tutta la sua vita per riportare «Dio alle anime e le anime a Dio». Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di un modello poco attuale per affrontare le nostre problematiche. Il Beato Papa Giovanni XXIII, nella sua enciclica Sacerdotii Nostri Primordia, resa pubblica a cent’anni dalla morte di San Giovanni Maria Vianney, supera questa preoccupazione, affermando che proporre il Santo Curato d’Ars non significa «affrontare… tutti gli aspetti della vita sacerdotale contemporanea;… ma… porre in rilievo alcuni aspetti della vita sacerdotale, che in tutti i tempi sono essenziali, e acquistano tanta importanza ai nostri giorni».
In tal senso, anche Benedetto XVI, offrendo quale modello ispiratore per i Presbiteri di tutta la
Chiesa San Giovanni Maria Vianney, ha voluto orientare la riflessione su un ministero sacerdotale a tempo pieno, vissuto in una dimensione di mente e di cuore oblativa per la causa del Regno di Dio, connotata da un impegno personale orientato a quella perfezione e quella ascesi cristiane che permettono a ogni prete di poter affermare con gioia: «e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20), e «Il mio tempo è per l’annuncio “opportune et importune” (2Tim 4,2) affinché si abbia la vita e la si abbia in abbondanza (cf. Gv10,10)».


Identità del presbitero
2. Mi sembrano significative le parole scelte nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, per
descrivere l’identità dei Presbiteri: «Sono nella Chiesa e per la Chiesa una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo capo e pastore». È questa una lettura che, già di per sé, indica la necessità e l’indispensabilità del ministero ordinato in rapporto all’esistenza stessa della Chiesa. Il Sacerdozio ministeriale sta alla Chiesa come Cristo sta alla redenzione. Senza Cristo non c’è redenzione e senza il Ministero ordinato non vi è Chiesa; fuori dalla Chiesa - afferma Sant’Agostino - non c’è salvezza. Proprio a partire da questo stretto legame, il Concilio Vaticano II e il Magistero recente, con la Dichiarazione Dominus Jesus, individuano il criterio che distingue una Comunità ecclesiale dalla Chiesa. È proprio grazie al Ministero ordinato e al Ministero petrino, legati all’annuncio e all’economia sacramentale, che nella Chiesa Cattolica subsistit
l’unica Chiesa di Cristo. Essa, grazie alla sua dimensione di mistero e alla sua completezza in rapporto alla Mensa Christi, si qualifica come criterio fondante di ecclesialità per le altre Chiese e Comunità ecclesiali.
Ciò non è discriminatorio, ma una doverosa sottolineatura di verità. Il Ministero ordinato, in modo
particolare nei gradi dell’Episcopato, del Presbiterato e del Diaconato, è quel dono che Cristo ha fatto alla Sua Chiesa, garantendole così la Sua presenza reale ed efficace e facendo di essa il Suo Mistico Corpo .
 Sì,cari fratelli e sorelle, il Sacerdozio ministeriale è presenza di quella identità unica di Cristo, sommo ed eterno sacerdote, che accompagna la storia sino a quando Egli si svelerà pienamente nella Parusía. Il Ministero ordinato, nella sinergia comunionale tra il Vescovo e i Presbiteri delle Chiese particolari sparse nel mondo, rende presente e storicizza l’opera di Cristo, unico sommo sacerdote (archireus) della nuova alleanza; il solo che può rendere vero e gradito culto a Dio, perché «portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia» (1Pt 2,24).
Questa Sua missione redentrice Cristo offre all’intera umanità di ogni tempo, assicurando di essere con la Sua Chiesa e con l’umanità «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). È proprio in questo voler essere presente nella storia che Cristo Gesù lega la Sua presenza di Capo e di Pastore, foriera di redenzione e di salvezza, alla identità e alla missione dei Dodici Apostoli, dopo averli chiamati (cf. Mc 3,14-15) e dopo averli invitati, prima della Sua ascensione, a «fare discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,18).

Come Cristo ha ricevuto la Sua missione dal Padre (cf, Gv 5,19) e l’ha espletata nel mistero pasquale,
così gli Apostoli ricevono da Lui il munus (dono-compito) di essere la Sua ripresentazione sacramentale, ad essi Egli lega la Sua autorità: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato» (Lc 10,16). Il Sacerdozio ministeriale trae la sua identità - come ogni identità cristiana – dalla Santissima Trinità, ossia dall’amore del Padre, dalla grazia di Gesù Cristo e dal dono
dell’unità dello Spirito Santo: «Il Presbitero infatti in forza della sua consacrazione che riceve con il
sacramento dell’ordine è mandato dal Padre per mezzo di Gesù Cristo, al quale come Capo e Pastore del suo popolo è configurato in modo speciale per vivere e operare nella forza dello Spirito Santo a servizio della Chiesa e per la salvezza del mondo».

Compito e missione del presbitero
3. «Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo». Da quanto il Concilio Vaticano II sottolinea si evince con chiarezza il compito del Presbitero che è quello di:
a) formare e reggere il popolo di Dio;
b) compiere il sacrificio eucaristico.
Illustro brevemente questi due aspetti.
3.a Formare e reggere il popolo di Dio.
Si tratta, da parte del Presbitero, di spendere se stesso per edificare e per guidare, alla luce della Parola di Dio e del Magistero, la comunità cristiana e di offrire ai fedeli laici, con la presidenza eucaristica e degli altri sacramenti, ciò che è loro necessario per beneficiare dell’opera di Cristo
e così vivere e testimoniare il Vangelo. Opera grande e indispensabile questa, che spetta al Ministro ordinato. In tal senso va inteso il rapporto tra sacerdozio ministeriale o gerarchico e sacerdozio comune dei fedeli; «quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro». È dovere del Presbitero accompagnare i battezzati a scoprire e a vivere la loro vocazione di lievito nuovo tra le realtà secolari, «poggiandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione», facendo comprendere agli uomini che «questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo, che si fa presente a noi nel suo Corpo che è la Chiesa, è il Mediatore e la Via della salvezza. Egli, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cf Mc 16,16; Gv 3,5), ha insieme confermato la necessità della Chiesa».
Il compito del Presbitero è quello di formare all’ascolto della Parola di Dio e all’itineranza sacramentale sia il singolo fedele che l’intera comunità a lui affidata perché possano crescere secondo le esigenze evangeliche dell’uomo nuovo, diventando contagio di questa identità nell’ambiente in cui sono e operano: amiglia, lavoro, scuola, cultura, arte, società e nella stessa ricerca scientifica. Sì, cari fratelli e sorelle, il Presbitero opera per formare un laicato adulto e libero evangelicamente, riconoscente del dono di essere membro vivo della Chiesa operando nella realtà secolare in comunione con essa, che Cristo ha voluto luogo di salvezza e di vita per chi cerca di rispondere alla verità sull’uomo. In tal senso i Presbiteri spingono i fedeli-laici a chiedere agli uomini di buona volontà di prendere coscienza di quel dono grande di cui Dio li ha arricchiti, che è quello di essere «destinatari dell’amore di Dio, … costituiti soggetti di carità, chiamati a
farsi essi stessi strumenti della grazia, per effondere la carità di Dio e per tessere reti di carità»13.
Ministero specifico dei Presbiteri è anche quello di essere padri e pastori della comunità, provvedendo a guidare e a riunire «la famiglia di Dio come fraternità viva e animata nell’unità e la conducono a Dio Padre per mezzo di Cristo nello Spirito. Per svolgere questo ministero, come per le altre funzioni del Presbitero, viene conferito un potere spirituale, concesso proprio per loro edificazione… In quanto educatori nella fede, spetta perciò ai sacerdoti curare, di persona o per mezzo di altri, che i singoli fedeli siano guidati nello Spirito Santo a vivere secondo il Vangelo la loro propria vocazione, ad una carità sincera e operosa e alla libertà con cui Cristo ci ha liberati».

3.b Compiere il sacrifico eucaristico in persona di Cristo. Così sottolinea il Concilio: «spetta… al
sacerdote completare l’edificazione del Corpo [di Cristo] con il sacrifico eucaristico». Il reggere ed edificare la comunità cristiana, in comunione e a nome del Vescovo, ha il suo culmine sacramentale nella celebrazione eucaristica, memoriale della Pasqua del Signore, attraverso la ripresentazione, da parte del Presbitero, dell’unico sacrificio del Cristo per la salvezza del mondo e per l’edificazione della Chiesa: «Il nesso intrinseco tra Eucaristia e sacramento dell’Ordine risulta dalle parole stesse di Gesù nel Cenacolo: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19). Gesù, infatti, alla vigilia della sua morte, ha istituito l’Eucaristia e fondato allo stesso tempo il sacerdozio della Nuova Alleanza …Nessuno può dire “questo è il mio corpo” e “questo è il calice del mio sangue”, se non nel nome e nella persona di Cristo, unico sommo sacerdote della nuova ed eterna Alleanza (cfr Eb 8-9)».
È dunque il sacerdote che presiedendo l’Eucaristia contribuisce ed edifica - per Cristo con Cristo e in
Cristo - la Chiesa che è Corpo mistico del Signore e Popolo della nuova ed eterna alleanza. Il teologo De Lubac non esitava a sottolineare che è l’Eucaristia che fa la Chiesa. Questa è la straordinaria gemmazione sacramentale che, grazie al Ministero ordinato, si realizza in ogni parte del mondo: «Grazie al ruolo decisivo dello Spirito Santo… che, invocato dal celebrante sui doni del pane e del vino posti sull’altare, è il medesimo che riunisce i fedeli in un solo corpo rendendoli un’offerta gradita a Dio»18. Sì, cari fratelli e sorelle, l’Eucaristia costruisce ed edifica la comunità cristiana nella comunione verticale, con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e orizzontale, tra i membri del popolo di Dio: i Vescovi con il Romano Pontefice, i Presbiteri con il loro Vescovo, i fedeli laici con i loro Presbiteri, donando così – come diceva il Beato Giovanni XXIII – questo spettacolo di comunione, dove paternità e fraternità sono un dono di grazie per tutti.
Per questo motivo il sacerdote è invitato a non tralasciare di celebrare «frequentemente l’Eucaristia anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli perché essa è un atto di Cristo e della Chiesa nella cui celebrazione i sacerdoti adempiono il loro precipuo compito». Già Paolo VI esortava a non trascurare il valore intrinseco dell’Eucaristia, celebrata sia nella forma «detta comunitaria che nella messa senza il popolo».


La spiritualità del presbitero
4. L’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, trattando della vita spirituale del sacerdote,
rifacendosi al Concilio Vaticano II, sottolinea la comune vocazione alla santità alla quale è chiamato ogni
battezzato «di qualunque stato o grado», e afferma che tale «vocazione si radica nel battesimo
caratterizzando il Presbitero come un fedele, fratello tra fratelli». Subito dopo rammenta che il Concilio parla anche di una vocazione speciale alla santità che si fonda sul sacramento dell’ordine, quale sacramento proprio e specifico del sacerdote in forza di una nuova consacrazione a Dio mediante l’ordinazione. Così infatti si esprime il Concilio: «Bisogna che per primi i Pastori del gregge di Cristo, ad immagine del sommo ed eterno Sacerdote, Pastore e Vescovo delle nostre anime, compiano santamente ed alacremente, umilmente e coraggiosamente il proprio ministero, il quale, così adempiuto, sarà anche per loro un eccellente mezzo di santificazione». Gli elementi dunque per questa specifica vocazione alla santità dei Presbiteri sono da ricercarsi nella specificità ontologica del sacerdozio ministeriale che sta nella consacrazione propria dei Presbiteri con la quale questi sono configurati a Cristo, Capo e Pastore della Chiesa. Consapevoli quindi di aver ricevuto in
dono un potere spirituale, che è compartecipazione all’autorità con la quale Cristo Gesù guida la Chiesa , i Presbiteri non possono non impegnarsi a realizzare nella loro vita gli stessi sentimenti che furono di Cristo, assomigliando a Lui nella ricerca di seguire la volontà di Dio, in una conformazione sempre più consona allo stile di Cristo che ha donato tutto di sé per essere icona dell’amore di Dio per la vita del mondo. La spiritualità del Presbitero sta nell’affermazione di Paolo: «Per me… il vivere è Cristo»(Fil 1,21). Questo è un impegno costante a vincere l’uomo mondano e ad acquisire l’uomo celeste che fa del sacerdote un uomo che ha posto quale obiettivo primario della sua vita la ricerca di aver un cuore libero dalle pesantezze terrene e aperto a quella “carità di Cristo” che lo rende testimone della santità e della paternità di Dio in mezzo al suo popolo. Il tutto con una donazione totale di sé resa significativa dalla scelta del celibato, tanto da non avere altro, nella mente e nel cuore, che essere di Cristo e spendersi perché Egli sia conosciuto, amato e accolto. Su questa spiritualità oblativa, senza “se” e senza “ma”, poggia e si edifica la vocazione “specifica” alla santità propria del Presbitero, che ha Cristo quale modello di donazione al volere
del Padre e la Vergine Maria quale modello di creatura solerte e benedetta che si lascia plasmare, con libera decisione, dal progetto del Padre, attraverso quel «Fiat» che ha cambiato la storia. Anche il Presbitero è chiamato a offrire all’umanità un’altra storia: quella dell’amore e della salvezza attraverso la sua vita totalmente offerta alla ricezione  della radicalità evangelica, lealmente testimoniata affinché possa essere imitata.
5. Anche la nostra Chiesa che è in Trieste gioisce in quest’anno sacerdotale, richiamando tante figure di Presbiteri generosi che si sono lasciati plasmare dall’amore per il Signore e per le anime. Di recente la Chiesa ha proclamato beato don Francesco Bonifacio, martire di Cristo con il suo splendido ministero a favore dei giovani e dei cristiani semplici e provati nella loro fede in tempi burrascosi. Don Francesco Bonifacio era un prete con il Vangelo nel cuore e sulle labbra. Alle non spiccate capacità intellettuali supplì con la pazienza, la tenacia, la forza di volontà, l’abituale e diligente applicazione agli studi, ma soprattutto col profondo ideale del sacerdozio, come traspare dal quaderno dei Santi Esercizi in cui scrive: «Ci vuole santità nel mondo, altrimenti l'umanità andrà sempre peggio. E chi se non (anche!) il sacerdote deve essere santo. Oh che bellezza il poter presentare al mondo un giorno santi sacerdoti!». Illuminante la «piccola via» alla santità che Dio gli ispirava, tanto che nel suo Diario leggiamo: «Accanto ai santi straordinari e miracolosi, ornati di grazie speciali che predicano virtù straordinarie e operano grandi miracoli, esistono quelli che essenzialmente corrispondono ai doni del Signore, compiono la sua volontà, praticano una vita
spirituale molto semplice e fatta di virtù comuni, fanno straordinariamente bene le cose ordinarie, offrono tutto per la gloria di Dio [...] dimostrando che non esiste condizione umana nella quale non si possa aspirare alla santità».
I fedeli cattolici di lingua slovena ricordano il Servo di Dio mons. Jakob Ukmar, sacerdote dotto e
pio, assertore e difensore del diritto di espressione linguistica del suo popolo. Egli, in tempi feroci e pieni di odio, vide morire sotto i suoi occhi un confratello ucciso barbaramente che gli lasciò nel cuore la grande lezione del perdono cristiano. Un caro e colto sacerdote che aveva orientato tutta la sua persona al motto: «Omnia ad maiorem Dei gloriam faciam et patiar» («Pronto a fare e a patire tutto per la maggior gloria di Dio»), in piena e serena accettazione della volontà del Signore. Scrisse: «Il Signore mi dà la vita, la morte, la salute, la malattia; l’onore e la vergogna; un tale o tal’altro incarico…tutto posso accettare.
Devo scavare in profondità per arrivare ad accettare la Sua volontà sull’esempio di Giobbe».
È viva la memoria del Servo di Dio don Marcello Labor, convertito a Cristo e al ministero
sacerdotale, divenuto formatore egli stesso di sacerdoti e laici desiderosi di una vita di perfezione cristiana.
Mirabili e coinvolgenti i suoi scritti spirituali, tutti intrisi di amore verso Dio e verso il prossimo: «Che io sia preso di amore per te; che il mio cuore canti nell'alba e nel tramonto, e nella fatica e nella quiete, il cantico dell’amore! Che apprenda ad amarti più di me stesso, e ad amare in te tutti quelli che veramente ti amano, tutte le fiammelle, tutte le fiamme; e non solo di questa Cattedrale che è la nostra Chiesa e la tua, Gesù, ma di tutto il tuo mondo dove tu sosti, dove tu attendi, dove tu ami, dove tu nel mondo turbinoso parli di amore e tanto amore ispiri».
Da qualche anno si è concluso il processo diocesano del Servo di Dio P. Placido Cortese “martire”
della carità ed eroe del silenzio, sino a morire per non tradire coloro che avrebbero potuto soccorrere i fratelli perseguitati. Quante altre figure di Sacerdoti ciascuno di noi porta nel proprio animo con riconoscenza.
Chiediamo al Signore e alla Vergine Santissima che proteggano i Presbiteri della nostra Chiesa e che non manchino tra noi generosi e santi Sacerdoti, che siano fratelli e Pastori generosi per le nostre  comunità.


Conclusione
6. Il 13 di giugno chiuderemo questo Anno Sacerdotale con l’Ordinazione presbiterale del Diacono
Mario De Stefano. Un figlio della nostra amatissima Chiesa, chiamato dal Signore a donare tutta la sua vita per servire la mensa della Parola e quella eucaristica per il bene del popolo di Dio. Lo accompagneremo con la preghiera e con tutta la nostra riconoscenza al Signore che, in questa Ordinazione sacerdotale, a conclusione dell’Anno sacerdotale, ci indica un segnale di fiducia e di speranza per il futuro della nostra Chiesa. A questo segnale divino deve corrispondere il nostro impegno a pregare incessantemente, affinché il Signore faccia crescere anche nella nostra Chiesa tante e sante vocazioni al sacerdozio, e a lavorare generosamente per coltivare tutti i piccoli germi di vocazione presenti nella nostra Chiesa.

Tutti benedico e a tutti giunga la mia preghiera.

+ Giampaolo Crepaldi
Trieste, 13 giugno 2010