“UN FOSSATO INVALICABILE...”
di Peter Hans Kolvenbach, S.J.
Non mancano voci autorevoli per dire che un vero dialogo [interreligioso] non ha avuto ancora luogo.
Certo, grazie agli sforzi di Giovanni Paolo II le religioni si incontrano, talvolta si mettono d’accordo come ad Assisi per dire insieme che nessuno può uccidere nel nome di Dio.
Si è però sempre più coscienti che, nella misura in cui si conoscono in profondità le convinzioni religiose degli uni e degli altri, tra le religioni si scava un fossato invalicabile.
Sì, un fossato invalicabile. Si può senz’altro discutere della convivenza civile tra le religioni, ma l’esperienza dimostra che – volenti o nolenti – per tutte le religioni la fede nella Santissima Trinità è un ostacolo insuperabile a un dialogo più in profondità.
Ripeto che ciò non esclude incontri per conoscersi meglio. Però, essendo coscienti dell’impedimento, questi incontri diventano più onesti.
Altrimenti si rischia di trattare teologicamente il musulmano come se fosse un cristiano d’altra confessione.
Un vero dialogo non si può basare sulla facilità del confusionismo in cui indistintamente si mescolano religioni differenti o sull’insidia del relativismo in cui tutte le verità si equivalgono.
Seguendo l’insegnamento della Chiesa, il testo della 34.ma Congregazione generale [della Compagnia di Gesù] incoraggia un dialogo in cui ciascuno, in conformità alla sua fede, si sforza di incontrare l’altro nella sua convinzione religiosa, con la sola preoccupazione di rispettarne la differenza e pur lasciandosi interpellare nella sua ricerca di Dio.
Questo Dio è unico, ma non è il medesimo per tutti quelli che credono in Lui; e questo Dio può ricevere in questa o quella religione un nome portatore d’esclusione.
Per noi cristiani l’amore paterno di Dio, che si estende senza discriminazione a tutta l’umanità e a ciascuno degli uomini, ci spinge a pregare Dio anche per gli altri, sebbene non possiamo in verità pregare gli uni con gli altri.
La ricerca d’un vero dialogo esprime il fatto che questo Dio ha voluto aver bisogno di noi per poter salvare tutti nel suo Figlio.
Questa difficoltà di giungere a un vero dialogo a livello di fede non esclude il dialogo della vita, in cui tutti gli uomini di buona volontà si incontrano e si aiutano vicendevolmente per costruire un mondo più giusto, più pacifico e più umano per tutti, secondo il desiderio di Dio per l’umanità.
di Peter Hans Kolvenbach, S.J.
Non mancano voci autorevoli per dire che un vero dialogo [interreligioso] non ha avuto ancora luogo.
Certo, grazie agli sforzi di Giovanni Paolo II le religioni si incontrano, talvolta si mettono d’accordo come ad Assisi per dire insieme che nessuno può uccidere nel nome di Dio.
Si è però sempre più coscienti che, nella misura in cui si conoscono in profondità le convinzioni religiose degli uni e degli altri, tra le religioni si scava un fossato invalicabile.
Sì, un fossato invalicabile. Si può senz’altro discutere della convivenza civile tra le religioni, ma l’esperienza dimostra che – volenti o nolenti – per tutte le religioni la fede nella Santissima Trinità è un ostacolo insuperabile a un dialogo più in profondità.
Ripeto che ciò non esclude incontri per conoscersi meglio. Però, essendo coscienti dell’impedimento, questi incontri diventano più onesti.
Altrimenti si rischia di trattare teologicamente il musulmano come se fosse un cristiano d’altra confessione.
Un vero dialogo non si può basare sulla facilità del confusionismo in cui indistintamente si mescolano religioni differenti o sull’insidia del relativismo in cui tutte le verità si equivalgono.
Seguendo l’insegnamento della Chiesa, il testo della 34.ma Congregazione generale [della Compagnia di Gesù] incoraggia un dialogo in cui ciascuno, in conformità alla sua fede, si sforza di incontrare l’altro nella sua convinzione religiosa, con la sola preoccupazione di rispettarne la differenza e pur lasciandosi interpellare nella sua ricerca di Dio.
Questo Dio è unico, ma non è il medesimo per tutti quelli che credono in Lui; e questo Dio può ricevere in questa o quella religione un nome portatore d’esclusione.
Per noi cristiani l’amore paterno di Dio, che si estende senza discriminazione a tutta l’umanità e a ciascuno degli uomini, ci spinge a pregare Dio anche per gli altri, sebbene non possiamo in verità pregare gli uni con gli altri.
La ricerca d’un vero dialogo esprime il fatto che questo Dio ha voluto aver bisogno di noi per poter salvare tutti nel suo Figlio.
Questa difficoltà di giungere a un vero dialogo a livello di fede non esclude il dialogo della vita, in cui tutti gli uomini di buona volontà si incontrano e si aiutano vicendevolmente per costruire un mondo più giusto, più pacifico e più umano per tutti, secondo il desiderio di Dio per l’umanità.