....Nel Cristo Dio fatto uomo , troviamo il sostegno per la nostra debolezza e le risorse per raggiungere la perfezione. L'umanità di Cristo ci rimette in piedi , la sua condiscendenza ci prende per mano , la sua divinità ci fa giungere alla méta....


S.Agostino

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mercoledì 2 gennaio 2013

Erasmo da Rotterdam « Enchiridion militis christiani»

 Tutto per Cristo e con Cristo
non c’è altra religione

Erasmo da Rotterdam

« Enchiridion militis christiani»

Il mezzo migliore di render sicura la tua corsa verso la beatitudine, te lo procura il quarto precetto, esortandoti a consacrare la tua intera vita al Cristo, ed a farne il solo scopo verso cui convergono tutti i tuoi disegni, tutti i tuoi sforzi, tutta la tua devozione e tutte le tue azioni.
Il Cristo, infatti, non è una parola vana, poiché bisogna intendere sotto questo nome la carità, la semplicità, la pazienza, la purezza, cioè tutto il suo Vangelo.
Il nome del Diavolo, invece, nasconde tutto ciò che allontana da lui.
Si vota a Cristo colui che segue soltanto la virtù, mentre si dona al Diavolo colui che è lo schiavo dei suoi vizi.
Che il tuo occhio dunque sia puro, e tutto il tuo corpo sarà solo chiarore: riponi dunque in Cristo l’unico e sommo bene, e non amare niente, non ammirare niente, non desiderare niente se non in Cristo o per il Cristo... Ora i filosofi hanno rivelato fini imperfetti, e mezzi che non conviene perseguire con accanimento, e di cui bisogna sapersi servire senza attaccarvisi.
D’altra parte tutti questi beni intermedi non colpiscono sempre nella stessa maniera coloro che sono in marcia verso Cristo; secondo le circostanze, converrà dunque ricercarli o rifiutarli. Cosi la scienza porta più alla religiosità che la bellezza o la ricchezza. E tuttavia, se ogni conoscenza può condurci a Cristo, ci accade di distogliercene proponendoci un’altra via.
Bisognerà dunque giudicare sempre in funzione di questo fine supremo l’utilità o l’inutilità di tutti questi beni secondari.
Ami le belle lettere? Hai ragione, se le coltivi per Cristo. Ma se ti contenti di amare il sapere per se stesso, ti arresti sul piano da cui bisognava elevarsi. Ora, se coltivi le lettere perché ti aiutino a meglio cogliere la figura di Cristo nascosta nei loro arcani, affinché conoscendolo meglio tu l’ami di più, affinché tu comunichi ad altri la conoscenza, l’amore di Cristo, e ne goda tu stesso, allora gettati pure nello studio delle lettere. Ma esse ti saranno utili solo nella misura in cui favoriranno questa buona disposizione.
Se hai fiducia in te e speri ritrarne un grande profitto per la tua fede cristiana, imita dunque il negoziante audace e non temere d’intraprendere lunghi viaggi nei paesi delle lettere profane, se si tratta di portare indietro in omaggio nel tempio del Signore le spoglie dell’Egitto. Ma se temi di consumarvi più forze di quante il vantaggio che ne ritrarresti compenserebbe, allora ricordati il precettò numero uno: bisogna conoscere se stessi e misurare ogni cosa col proprio metro. Sarà meglio allora essere meno dotti, ma amare di più, piuttosto che possedere un’istruzione che ti distoglierebbe dall’amore...
In effetti è cosi importante tendere i nostri sforzi alla sola ricerca di Cristo, che non ci resta più il minimo tempo da consacrare a quei beni secondari, che non ci siano offerti o non ci siano tolti dalla Provvidenza, perché la vita è breve secondo la parola dell’apostolo.
Precisiamo dunque per finire che coloro che si servono di questo mondo si comportano con lui come se non se ne servissero affatto.
Certamente so bene che questo atteggiamento agli occhi del mondo è considerato come dipendente dalla follia o da una mente sconvolta, ma per questa sola follia piace a Dio di salvare i credenti, mentre Dio ritiene follia ciò che gli uomini considerano come la perfezione della saggezza.
Qualunque sia dunque la tua occupazione, disciplinala sempre secondo questo principio.
Eserciti un mestiere? D’accordo, se lo fai onestamente. Ma per quale scopo? Per mantenere la famiglia. Ma perché addossarti il carico di una famiglia? Per aumentare la messe del Cristo. Allora sei sulla buona strada.
Digiuni? L’approvo pienamente, ma se lo fai per avarizia, per evitare la spesa, o perché vuoi essere stimato santo, ecco che il tuo digiuno è contaminato, e la tua intenzione non è pura.
Vediamo molte persone che sono devote di certi santi che onorano più e celebrano con certe cerimonie.
Uno ha per devozione di salutare ogni giorno san Cristoforo, ma non importa come: bisogna che abbia sotto gli occhi la sua immagine. A che scopo? chiedo. Perché è persuaso che, mediante questo culto, egli è garantito per tutto il giorno dalla mala morte.
Un altro adora un altro santo chiamato san Rocco. E perché dunque? Semplicemente perché crede che questi lo farà sfuggire alle malattie contagiose.
Un altro recita le sue preghiere rivolgendole particolarmente a santa Barbara e a san Giorgio, per non cadere nelle mani dei nemici.
Un altro ha per devozione di digiunare in onore di sant'Apollino, per non aver il mal di denti.
Un altro fa visita abitualmente alla statua di Giobbe per poter abbandonarsi ai suoi vizi senza prendere alcuna lebbra.
Ci sono anche negozianti che promettono di dare ai poveri una parte dei loro guadagni, e tutta la carità che li anima è il desiderio che la mercanzia non si perda in mare.
Altri accendono ceri a san Gerolamo o a sant’Antonio perché faccia loro ritrovare un oggetto perduto.
Infine, a seconda dei nostri timori e nostri desideri, procuriamo a ogni santo la sua occupazione.
San Paolo è incaricato di fare in Francia ciò che san Gerolamo fa da noi; ma ciò che san Giacomo o san Giovanni possono in un paese, non hanno più il potere di farlo in un altro.
Queste specie di devozioni, che non hanno alcun rapporto con Gesù Cristo, non si allontanano molto dalle superstizioni dei pagani, che offrivano la decima parte dei loro beni a Ercole o sacrificavano un gallo a Esculapio per riacquistare la salute, o immolavano un toro a Nettuno per avere una navigazione felice.
I nomi sono cambiati ma lo scopo perseguito è lo stesso scopo perseguito è lo stesso perseguito nei due casi.
Preghi Dio di evitarti una fine prematura, e non lo preghi di volere senz’altro migliorare il tuo cuore in modo tale che, in qualsiasi momento possa venire la morte, ti trovi sempre ben preparato.
Ma ti curi poco di condurre una vita migliore che ti limiti a chiedere a Dio di allontanare la morte.
D’altra parte che cosa gli chiedi, in fondo, nelle tue preghiere, tranne l’occasione di peccare più frequentemente? Chiedi una buona salute, e siccome sai soltanto abusare della tua salute, la tua pietà non dissimula una vera empietà?
A questo punto non tarderai ad udire le proteste di certi falsi religiosi che confondono l’accattonaggio con la pietà o, per dir meglio, si servono delle loro soavi benedizioni per sedurre gli innocenti e che, col pretesto di pretesto di servire Gesù Cristo, pensano soltanto al proprio esclusivo ventre. « E che! esclameranno. Tu proscrivi il culto dei santi che sono stati il tempio del Signore? »
Ce l'ho, tuttavia, di meno con coloro che si comportano così per semplice superstizione che con coloro che ne fanno un mezzo di sostentamento ed esaltano come il colmo della pietà pratiche religiose che sarebbero a mala pena tollerabili, sfruttando a loro vantaggio l'ignoranza del popolo.
Quanto a me io non disprezzo affatto le persone che si danno a queste devozioni, ma non potrei sopportare che si confondesse il secondario con l'essenziale e che si considerassero le pratiche più insignificanti come il colmo della religione. Ammetterei che chiedessero la salute a san Rocco, loro avvocato, se offrissero a Cristo tutta la loro salute e la loro vita.
Preferirei, è vero, vederli chiedere soltanto a Dio di accrescere in loro, ogni giorno, l’orrore dei vizi e l’amore delle virtù, e rimettere e abbandonare nella mano di Dio la morte e la vita, ripetendo con san Paolo: «Che viviamo o che moriamo, viviamo per la gloria del Signore e moriamo anche per glorificarlo».
Ed anche riterrei come preghiera più perfetta che desiderassero di essere liberati presto da questo corpo ed uniti in cielo con Cristo, e che infine, ogni malattia, ogni perdita, ogni altro rovescio di fortuna, li trovasse coti veramente d’accordo con Dio che la sofferenza fosse la loro gloria e l’accettassero con grande gioia, vedendosi così degni di accordarsi, essi che sono le sue membra, con Cristo, nostro capo.

Anche i riti più sacri
possono servire da paravento
ad una religiosità secondo la carne

Erasmo da Rotterdam

« Enchiridion militis christiani»

Ma perché non vi meravigliate del fatto che Cristo abbia tenuto così poco conto delle cose che abbiamo appena riferito, notate che egli ha considerato inutile il vantaggio di ricevere realmente il suo corpo ed il suo sangue, a meno che quest’azione non si accompagni a disposizioni interiori e spirituali che sono necessarie per ricavarne il frutto. Giacché a chi credete che egli rivolga queste parole: la carne non serve a nulla, è lo spirito che vivifica? Non crediate che le rivolga a coloro che, portando al collo un vangelo o una croce di metallo, pensano di essere al sicuro da tutte le specie di mali e di disgrazie, e fanno consistere in quello la perfezione del cristianesimo; le rivolge a coloro che avevano scoperto il segreto meraviglioso di mangiare degnamente il suo corpo adorabile.
Se dunque un azione così grande è vana, che dico! se essa è dannosa, quale fiducia possiamo avere in qualsiasi delle altre cose corporali prive dello spirito?
Forse tutti i giorni offrite il sacrificio, e al tempo stesso vivete per voi stessi, non siete affatto sensibili alla miseria del vostro prossimo; in questo stato siete ancora soltanto nel corpo del Sacramento. Ma se attendete a divenire ciò che questa comunione significa, cioè a essere uno stesso spirito con lo spirito di Cristo, uno stesso corpo con il suo corpo, a divenire un membro vivente della Chiesa, se non amate nient’altro che Cristo, se credete che i vostri beni sono comuni a tutti, allora il vostro sacrificio vi è utilissimo, perché.lo fate spiritualmente.
Se in una parola vi sentite come trasformati in Cristo e a poco poco vi sentite morire a voi stessi, siatene obbligati allo spirito che solo vivifica. Quanti cristiani ancora ci sono che si fanno un merito del fatto che non passa giorno senza che ascoltino la messa, e che contando su quest’azione, come sulla più importante, e come se non avessero affatto altri
doveri da compiere, escono di chiesa con questo pensiero, e ritornano alle loro abitudini criminali! Li lodo quando abbracciano il corpo della religiosità, ma non li lodo del fatto che vi si attaccano unicamente. Realizzate in voi ciò che è rappresentato in questo eccellente sacrificio; è un’immagine della morte del vostro divino maestro; esaminate se nel vostro cuore siete pronti a morire al mondo; la collera, l'ambizione, la cupidigia, la voluttà, l’invidia vi dominano ancora? Sappiate che, quantunque siate vicini all'Altare, siete molto lontani dal sacrificio.
Fate dunque di quelle passioni altrettante vittime, poiché Cristo ha pur voluto essere messo a morte per voi.
Immolatevi a colui che s'è immolato lui stesso per voi a suo Padre:
Se non siete in questo pensiero ed in questa risoluzione, qualunque fiducia abbiate in Lui, la vostra religiosità carnale e grossolana gli dispiace infinitamente.

Quando manca la carità,
l’anima è morta

Erasmo da Rotterdam

« Enchiridion militis christiani»

Quanto a te, quando gli occhi del tuo cuore si sono offuscati, al punto di non più vedere la luce più splendente di tutte, cioè quella della verità, quando le tue orecchie interiori non odono più < la voce del Signore, e quando quasi tutte le sue sensazioni si sono estinte, pensi tu che la tua anima sia ancora viva? Vedi il tuo prossimo soffrire mille sventure, e purché il tuo bene sia al sicuro, non ti curi del resto non hai di lui alcuna pietà, e tutto ti è perfettamente indifferente.
Sapresti dirmi per quale motivo la tua anima non soffre? Semplicemente, fratello mio, perché essa è morta. Come morta? Perché non ha affatto in sé la sua vera vita che è di Dio: poiché dov'è Dio abita la carità, poiché Dio stesso è carità.
Senza di ciò, se sei membro vivente di Cristo, dimmi come un’altra parte di quel corpo (voglio dire il tuo prossimo che ne è membro allo stesso titolo) può provare dolore senza che anche tu stia male, senza che lo senta anche tu? Accetta dunque questo criterio, poiché ce ne sono pochi di più sicuri.
Hai ingannato il tuo amico, hai commesso adulterio, la tua anima ne ha ricevuto una ferita mortale e tuttavia non provi il minimo dolore, al punto di rallegrartene come di un guadagno e di vantarti delle tue infamie.
In questo caso puoi essere sicuro che la tua anima si è accasciata nella morte. Giacché se un organismo non può esser considerato vivo quando rimane insensibile alla puntura di un ago, come si potrebbe accordare la vita a un’anima incapace di reagire a tali ferite?
Quando odi un oratore pronunciare discorsi empi,. enfatici, malevoli, impudichi e osceni, riversando sul suo prossimo torrenti d'ingiurie, ricordati di questo e cioè che, malgrado le apparenze, quell'uomo non è più in possesso di un'anima viva: un putrido cadavere alloggia nel suo petto le cui emanazioni impure impestano tutto il vicinato.
Per questo Cristo ha tacciato i Farisei di sepolcri imbiancati, perché racchiudevano nel loro seno il cadavere di un'anima defunta.


Il culto dei Santi è imitarli

Erasmo da Rotterdam

« Enchiridion militis christiani»

Certamente, come non disprezzo la semi pietà del popolo, così non posso non guardare con meraviglia le opinioni a rovescio della moltitudine. Baciamo teneramente le scarpe dei santi e i fazzolettini sporchi di moccio, ed i loro libri, santissima ed efficacissima reliquia dei santi, tolleriamo che giacciano negletti. Le tuniche e gli abiti dei santi riponiamo in teche d’oro e di gemme, ed i libri scritti da loro, nei quali ciò che di loro fu ottimo vive e respira ancora a noi, lasciamo rodere impunemente da cimici. tignole e blatte.
(tratto da una lettera di Erasmo del 1515).
Veneri i santi godi di toccare le loro reliquie. Ma disprezzi ciò che essi lasciarono di meglio: pensa agli esempi di una vita pura.
Forse pensi che sarà qualcosa di grande se sarai portato al sepolcro nella cocolla di [San] Francesco. Se i tuoi costumi da vivo furono dissimili, una simile veste non gioverà davvero a te morto.
E quantunque il modello di qualsivoglia pietà possa trovarsi facilmente nel Cristo, tuttavia il culto di Cristo nei sui santi diletta molto. Allora fa' in modo di imitare Cristo nei santi e ad onore di ognuno di essi studiati di correggere ogni tuo vizio e di abbracciare ogni virtù.
Di somma venerazione circondi le ceneri di Paolo.
Non ti condanno se a lui consta la tua religione.
Ma se veneri la cenere muta e morta, e trascuri la viva immagine di lui parlante e quasi respirante che ci rimane nelle sue lettere, forse che la tua devozione non è a rovescio? Adori le ossa di Paolo deposte in loculi; e non adori la mente di Paolo celata negli scritti? Stimi cosa grande un frammento del suo corpo attraverso un vetro trasparente, e non guardi tutto l’animo di Paolo risplendente nelle sue lettere? Riverisci le ceneri alle quali si addossano più di una volta i vizi dei corpi; perché non riverisci di più le sue lettere, con le quali vengono sanati i vizi delle anime?
Onori l’immagine del volto di Cristo scolpita in una pietra o in un legno, oppure deformata e sfuocata con colori.
Molto più religiosamente deve essere onorata l’immagine di quella mente che per opera dello Spirito santo è stata espressa nelle lettere del Vangelo.
E tu non ammiri questa immagine, non l’adori, non la esamini con occhi pietosi, non l’abbracci con l’animo? Così sante e così efficaci consideri le reliquie del tuo Signore: trascuri i Vangeli, e cerchi cose molto più estranee? Tu guardi attonito la tunica o il sudano che si dice di Cristo, e leggi sonnecchiando i suoi oracoli? Credi di essere immensamente più grande perché possiedi in casa una particella della croce?
Ma ciò è niente di fronte a questo fatto: se porti cioè scolpito nel petto il mistero della croce.
In realtà venerare Cristo con le cose visibili e per le cose visibili, porre in queste cose il punto più alto della religiosità, di questo fatto compiacersi, condannare gli altri (...) e - per dirlo una volta per tutte - a causa di queste stesse allontanare da Cristo quelle altre che solamente al vero servizio di Cristo sono impiegate, perché conducano a lui ciò è senza dubbio allontanarsi dalla legge del Vangelo, che è spirituale.