Tutto per
Cristo e con Cristo
non
c’è altra religione
Erasmo
da Rotterdam
«
Enchiridion militis christiani»
Il
mezzo migliore di render sicura la tua corsa verso la beatitudine, te lo
procura il quarto precetto, esortandoti a consacrare la tua intera vita al
Cristo, ed a farne il solo scopo verso cui convergono tutti i tuoi disegni,
tutti i tuoi sforzi, tutta la tua devozione e tutte le tue azioni.
Il
Cristo, infatti, non è una parola vana, poiché bisogna intendere sotto questo
nome la carità, la semplicità, la pazienza, la purezza, cioè tutto il suo
Vangelo.
Il
nome del Diavolo, invece, nasconde tutto ciò che allontana da lui.
Si
vota a Cristo colui che segue soltanto la virtù, mentre si dona al Diavolo
colui che è lo schiavo dei suoi vizi.
Che
il tuo occhio dunque sia puro, e tutto il tuo corpo sarà solo chiarore: riponi
dunque in Cristo l’unico e sommo bene, e non amare niente, non ammirare niente,
non desiderare niente se non in Cristo o per il Cristo... Ora i filosofi hanno
rivelato fini imperfetti, e mezzi che non conviene perseguire con accanimento,
e di cui bisogna sapersi servire senza attaccarvisi.
D’altra
parte tutti questi beni intermedi non colpiscono sempre nella stessa maniera
coloro che sono in marcia verso Cristo; secondo le circostanze, converrà dunque
ricercarli o rifiutarli. Cosi la scienza porta più alla religiosità che la
bellezza o la ricchezza. E tuttavia, se ogni conoscenza può condurci a Cristo,
ci accade di distogliercene proponendoci un’altra via.
Bisognerà
dunque giudicare sempre in funzione di questo fine supremo l’utilità o
l’inutilità di tutti questi beni secondari.
Ami
le belle lettere? Hai ragione, se le coltivi per Cristo. Ma se ti contenti di
amare il sapere per se stesso, ti arresti sul piano da cui bisognava elevarsi.
Ora, se coltivi le lettere perché ti aiutino a meglio cogliere la figura di
Cristo nascosta nei loro arcani, affinché conoscendolo meglio tu l’ami di più,
affinché tu comunichi ad altri la conoscenza, l’amore di Cristo, e ne goda tu
stesso, allora gettati pure nello studio delle lettere. Ma esse ti saranno
utili solo nella misura in cui favoriranno questa buona disposizione.
Se
hai fiducia in te e speri ritrarne un grande profitto per la tua fede
cristiana, imita dunque il negoziante audace e non temere d’intraprendere
lunghi viaggi nei paesi delle lettere profane, se si tratta di portare indietro
in omaggio nel tempio del Signore le spoglie dell’Egitto. Ma se temi di
consumarvi più forze di quante il vantaggio che ne ritrarresti compenserebbe,
allora ricordati il precettò numero uno: bisogna conoscere se stessi e misurare
ogni cosa col proprio metro. Sarà meglio allora essere meno dotti, ma amare di
più, piuttosto che possedere un’istruzione che ti distoglierebbe dall’amore...
In
effetti è cosi importante tendere i nostri sforzi alla sola ricerca di Cristo,
che non ci resta più il minimo tempo da consacrare a quei beni secondari, che
non ci siano offerti o non ci siano tolti dalla Provvidenza, perché la vita è
breve secondo la parola dell’apostolo.
Precisiamo
dunque per finire che coloro che si servono di questo mondo si comportano con
lui come se non se ne servissero affatto.
Certamente
so bene che questo atteggiamento agli occhi del mondo è considerato come
dipendente dalla follia o da una mente sconvolta, ma per questa sola follia
piace a Dio di salvare i credenti, mentre Dio ritiene follia ciò che gli uomini
considerano come la perfezione della saggezza.
Qualunque
sia dunque la tua occupazione, disciplinala sempre secondo questo principio.
Eserciti
un mestiere? D’accordo, se lo fai onestamente. Ma per quale scopo? Per mantenere
la famiglia. Ma perché addossarti il carico di una famiglia? Per aumentare la
messe del Cristo. Allora sei sulla buona strada.
Digiuni?
L’approvo pienamente, ma se lo fai per avarizia, per evitare la spesa, o perché
vuoi essere stimato santo, ecco che il tuo digiuno è contaminato, e la tua
intenzione non è pura.
Vediamo
molte persone che sono devote di certi santi che onorano più e celebrano con
certe cerimonie.
Uno
ha per devozione di salutare ogni giorno san Cristoforo, ma non importa come:
bisogna che abbia sotto gli occhi la sua immagine. A che scopo? chiedo. Perché
è persuaso che, mediante questo culto, egli è garantito per tutto il giorno
dalla mala morte.
Un
altro adora un altro santo chiamato san Rocco. E perché dunque? Semplicemente
perché crede che questi lo farà sfuggire alle malattie contagiose.
Un
altro recita le sue preghiere rivolgendole particolarmente a santa Barbara e a
san Giorgio, per non cadere nelle mani dei nemici.
Un
altro ha per devozione di digiunare in onore di sant'Apollino, per non aver il
mal di denti.
Un
altro fa visita abitualmente alla statua di Giobbe per poter abbandonarsi ai
suoi vizi senza prendere alcuna lebbra.
Ci sono anche negozianti che promettono di dare ai
poveri una parte dei loro guadagni, e tutta la carità che li anima è il
desiderio che la mercanzia non si perda in mare.
Altri
accendono ceri a san Gerolamo o a sant’Antonio perché faccia loro ritrovare un
oggetto perduto.
Infine,
a seconda dei nostri timori e nostri desideri, procuriamo a ogni santo la sua
occupazione.
San
Paolo è incaricato di fare in Francia ciò che san Gerolamo fa da noi; ma ciò
che san Giacomo o san Giovanni possono in un paese, non hanno più il potere di
farlo in un altro.
Queste
specie di devozioni, che non hanno alcun rapporto con Gesù Cristo, non si
allontanano molto dalle superstizioni dei pagani, che offrivano la decima parte
dei loro beni a Ercole o sacrificavano un gallo a Esculapio per riacquistare la
salute, o immolavano un toro a Nettuno per avere una navigazione felice.
I
nomi sono cambiati ma lo scopo perseguito è lo stesso scopo perseguito è lo
stesso perseguito nei due casi.
Preghi
Dio di evitarti una fine prematura, e non lo preghi di volere senz’altro migliorare
il tuo cuore in modo tale che, in qualsiasi momento possa venire la morte, ti
trovi sempre ben preparato.
Ma
ti curi poco di condurre una vita migliore che ti limiti a chiedere a Dio di
allontanare la morte.
D’altra
parte che cosa gli chiedi, in fondo, nelle tue preghiere, tranne l’occasione di
peccare più frequentemente? Chiedi una buona salute, e siccome sai soltanto
abusare della tua salute, la tua pietà non dissimula una vera empietà?
A
questo punto non tarderai ad udire le proteste di certi falsi religiosi che
confondono l’accattonaggio con la pietà o, per dir meglio, si servono delle
loro soavi benedizioni per sedurre gli innocenti e che, col pretesto di
pretesto di servire Gesù Cristo, pensano soltanto al proprio esclusivo ventre.
« E che! esclameranno. Tu proscrivi il culto dei santi che sono stati il tempio
del Signore? »
Ce
l'ho, tuttavia, di meno con coloro che si comportano così per semplice
superstizione che con coloro che ne fanno un mezzo di sostentamento ed esaltano
come il colmo della pietà pratiche religiose che sarebbero a mala pena
tollerabili, sfruttando a loro vantaggio l'ignoranza del popolo.
Quanto
a me io non disprezzo affatto le persone che si danno a queste devozioni, ma
non potrei sopportare che si confondesse il secondario con l'essenziale e che
si considerassero le pratiche più insignificanti come il colmo della religione.
Ammetterei che chiedessero la salute a san Rocco, loro avvocato, se offrissero
a Cristo tutta la loro salute e la loro vita.
Preferirei,
è vero, vederli chiedere soltanto a Dio di accrescere in loro, ogni giorno,
l’orrore dei vizi e l’amore delle virtù, e rimettere e abbandonare nella mano
di Dio la morte e la vita, ripetendo con san Paolo: «Che viviamo o che moriamo,
viviamo per la gloria del Signore e moriamo anche per glorificarlo».
Ed
anche riterrei come preghiera più perfetta che desiderassero di essere liberati
presto da questo corpo ed uniti in cielo con Cristo, e che infine, ogni
malattia, ogni perdita, ogni altro rovescio di fortuna, li trovasse coti
veramente d’accordo con Dio che la sofferenza fosse la loro gloria e
l’accettassero con grande gioia, vedendosi così degni di accordarsi, essi che
sono le sue membra, con Cristo, nostro capo.
Anche
i riti più sacri
possono
servire da paravento
ad
una religiosità secondo la carne
Erasmo
da Rotterdam
«
Enchiridion militis christiani»
Ma
perché non vi meravigliate del fatto che Cristo abbia tenuto così poco conto
delle cose che abbiamo appena riferito, notate che egli ha considerato inutile
il vantaggio di ricevere realmente il suo corpo ed il suo sangue, a meno che
quest’azione non si accompagni a disposizioni interiori e spirituali che sono
necessarie per ricavarne il frutto. Giacché a chi credete che egli rivolga
queste parole: la carne non serve a nulla, è lo spirito che vivifica? Non
crediate che le rivolga a coloro che, portando al collo un vangelo o una croce
di metallo, pensano di essere al sicuro da tutte le specie di mali e di
disgrazie, e fanno consistere in quello la perfezione del cristianesimo; le
rivolge a coloro che avevano scoperto il segreto meraviglioso di mangiare
degnamente il suo corpo adorabile.
Se
dunque un azione così grande è vana, che dico! se essa è dannosa, quale fiducia
possiamo avere in qualsiasi delle altre cose corporali prive dello spirito?
Forse
tutti i giorni offrite il sacrificio, e al tempo stesso vivete per voi stessi,
non siete affatto sensibili alla miseria del vostro prossimo; in questo stato
siete ancora soltanto nel corpo del Sacramento. Ma se attendete a divenire ciò
che questa comunione significa, cioè a essere uno stesso spirito con lo spirito
di Cristo, uno stesso corpo con il suo corpo, a divenire un membro vivente
della Chiesa, se non amate nient’altro che Cristo, se credete che i vostri beni
sono comuni a tutti, allora il vostro sacrificio vi è utilissimo, perché.lo
fate spiritualmente.
Se
in una parola vi sentite come trasformati in Cristo e a poco poco vi sentite
morire a voi stessi, siatene obbligati allo spirito che solo vivifica. Quanti
cristiani ancora ci sono che si fanno un merito del fatto che non passa giorno
senza che ascoltino la messa, e che contando su quest’azione, come sulla più
importante, e come se non avessero affatto altri
doveri da compiere, escono di chiesa con questo
pensiero, e ritornano alle loro abitudini criminali! Li lodo quando abbracciano
il corpo della religiosità, ma non li lodo del fatto che vi si attaccano
unicamente. Realizzate in voi ciò che è rappresentato in questo eccellente
sacrificio; è un’immagine della morte del vostro divino maestro; esaminate se
nel vostro cuore siete pronti a morire al mondo; la collera, l'ambizione, la
cupidigia, la voluttà, l’invidia vi dominano ancora? Sappiate che, quantunque
siate vicini all'Altare, siete molto lontani dal sacrificio.
Fate
dunque di quelle passioni altrettante vittime, poiché Cristo ha pur voluto
essere messo a morte per voi.
Immolatevi
a colui che s'è immolato lui stesso per voi a suo Padre:
Se
non siete in questo pensiero ed in questa risoluzione, qualunque fiducia
abbiate in Lui, la vostra religiosità carnale e grossolana gli dispiace
infinitamente.
Quando
manca la carità,
l’anima
è morta
Erasmo
da Rotterdam
«
Enchiridion militis christiani»
Quanto
a te, quando gli occhi del tuo cuore si sono offuscati, al punto di non più
vedere la luce più splendente di tutte, cioè quella della verità, quando le tue
orecchie interiori non odono più < la voce del Signore, e quando quasi tutte
le sue sensazioni si sono estinte, pensi tu che la tua anima sia ancora viva?
Vedi il tuo prossimo soffrire mille sventure, e purché il tuo bene sia al
sicuro, non ti curi del resto non hai di lui alcuna pietà, e tutto ti è
perfettamente indifferente.
Sapresti
dirmi per quale motivo la tua anima non soffre? Semplicemente, fratello mio,
perché essa è morta. Come morta? Perché non ha affatto in sé la sua vera vita
che è di Dio: poiché dov'è Dio abita la carità, poiché Dio stesso è carità.
Senza
di ciò, se sei membro vivente di Cristo, dimmi come un’altra parte di quel
corpo (voglio dire il tuo prossimo che ne è membro allo stesso titolo) può
provare dolore senza che anche tu stia male, senza che lo senta anche tu?
Accetta dunque questo criterio, poiché ce ne sono pochi di più sicuri.
Hai
ingannato il tuo amico, hai commesso adulterio, la tua anima ne ha ricevuto una
ferita mortale e tuttavia non provi il minimo dolore, al punto di rallegrartene
come di un guadagno e di vantarti delle tue infamie.
In
questo caso puoi essere sicuro che la tua anima si è accasciata nella morte.
Giacché se un organismo non può esser considerato vivo quando rimane
insensibile alla puntura di un ago, come si potrebbe accordare la vita a
un’anima incapace di reagire a tali ferite?
Quando
odi un oratore pronunciare discorsi empi,. enfatici, malevoli, impudichi e
osceni, riversando sul suo prossimo torrenti d'ingiurie, ricordati di questo e
cioè che, malgrado le apparenze, quell'uomo non è più in possesso di un'anima
viva: un putrido cadavere alloggia nel suo petto le cui emanazioni impure
impestano tutto il vicinato.
Per
questo Cristo ha tacciato i Farisei di sepolcri imbiancati, perché
racchiudevano nel loro seno il cadavere di un'anima defunta.
Il
culto dei Santi è imitarli
Erasmo
da Rotterdam
«
Enchiridion militis christiani»
Certamente,
come non disprezzo la semi pietà del popolo, così non posso non guardare con
meraviglia le opinioni a rovescio della moltitudine. Baciamo teneramente le
scarpe dei santi e i fazzolettini sporchi di moccio, ed i loro libri,
santissima ed efficacissima reliquia dei santi, tolleriamo che giacciano
negletti. Le tuniche e gli abiti dei santi riponiamo in teche d’oro e di gemme,
ed i libri scritti da loro, nei quali ciò che di loro fu ottimo vive e respira
ancora a noi, lasciamo rodere impunemente da cimici. tignole e blatte.
(tratto
da una lettera di Erasmo del 1515).
Veneri
i santi godi di toccare le loro reliquie. Ma disprezzi ciò che essi lasciarono
di meglio: pensa agli esempi di una vita pura.
Forse
pensi che sarà qualcosa di grande se sarai portato al sepolcro nella cocolla di
[San] Francesco. Se i tuoi costumi da vivo furono dissimili, una simile veste
non gioverà davvero a te morto.
E
quantunque il modello di qualsivoglia pietà possa trovarsi facilmente nel
Cristo, tuttavia il culto di Cristo nei sui santi diletta molto. Allora fa' in
modo di imitare Cristo nei santi e ad onore di ognuno di essi studiati di
correggere ogni tuo vizio e di abbracciare ogni virtù.
Di
somma venerazione circondi le ceneri di Paolo.
Non
ti condanno se a lui consta la tua religione.
Ma se veneri la cenere muta e morta, e trascuri la
viva immagine di lui parlante e quasi respirante che ci rimane nelle sue
lettere, forse che la tua devozione non è a rovescio? Adori le ossa di Paolo
deposte in loculi; e non adori la mente di Paolo celata negli scritti? Stimi
cosa grande un frammento del suo corpo attraverso un vetro trasparente, e non
guardi tutto l’animo di Paolo risplendente nelle sue lettere? Riverisci le
ceneri alle quali si addossano più di una volta i vizi dei corpi; perché non
riverisci di più le sue lettere, con le quali vengono sanati i vizi delle
anime?
Onori
l’immagine del volto di Cristo scolpita in una pietra o in un legno, oppure
deformata e sfuocata con colori.
Molto
più religiosamente deve essere onorata l’immagine di quella mente che per opera
dello Spirito santo è stata espressa nelle lettere del Vangelo.
E tu
non ammiri questa immagine, non l’adori, non la esamini con occhi pietosi, non
l’abbracci con l’animo? Così sante e così efficaci consideri le reliquie del
tuo Signore: trascuri i Vangeli, e cerchi cose molto più estranee? Tu guardi
attonito la tunica o il sudano che si dice di Cristo, e leggi sonnecchiando i
suoi oracoli? Credi di essere immensamente più grande perché possiedi in casa
una particella della croce?
Ma
ciò è niente di fronte a questo fatto: se porti cioè scolpito nel petto il
mistero della croce.
In realtà
venerare Cristo con le cose visibili e per le cose visibili, porre in queste
cose il punto più alto della religiosità, di questo fatto compiacersi,
condannare gli altri (...) e - per dirlo una volta per tutte - a causa di
queste stesse allontanare da Cristo quelle altre che solamente al vero servizio
di Cristo sono impiegate, perché conducano a lui ciò è senza dubbio
allontanarsi dalla legge del Vangelo, che è spirituale.